30/12/19

Fortunatamente amo la libertà e la solitudine. Vittorio Zanini


Se mi ubriaco è perché cosi poi sembrate tutti un po più interessanti. Vi reggo a malapena quando ho bevuto, figuriamoci da sobrio. E' necessaria qualche sostanza stupefacente per sopportare la vostra idiozia. Quando esco di casa lo faccio per necessità, non per incontrare qualcuno, è' talmente remota la possibilità di instaurare una conversazione piacevole. Evito di dare il buongiorno a tutti i coglioni che incontro per non creare cattive abitudini, perché non sono un commediante e della maggior parte non me ne frega un cazzo. Dì solito le persone, avendo la necessità di interagire tra loro, si legano in rapporti di reciproca schiavitù. Se non devo avere a che fare con altri esseri umani non sento la necessità di stordirmi. Fortunatamente amo la libertà e la solitudine.

Vittorio Zanini

29/12/19

Biancospino: proprietà, uso, controindicazioni


Il biancospino (Crataegus oxyacantha) è una pianta perenne della famiglia delle Rosaceae, utilizzata per la cura del sistema circolatorio grazie alla sua spiccata attività cardioprotettiva e antiossidante. Scopriamolo meglio

Proprietà del biancospino

Il biancospino è da sempre conosciuto come la pianta del cuore. Le foglie e i fiori contengono una miscela di diversi flavonoidi, potenti antiossidanti e “spazzini” dei radicali liberi, utili nella prevenzione di malattie cardiovascolari e per combattere il colesterolo.Questi principi attivi conferiscono una spiccata attività cardioprotettiva, perché inducono la dilatazione delle arterie coronariche che portano il sangue al cuore, migliorando così l'afflusso del sangue con conseguente riduzione della pressione arteriosa. Il suo impiego è quindi indicato nei casi di ipertensione, lieve o moderata, specie se di origine nervosa.Ha proprietà cardiotoniche dovute alla presenza di proantocianidoli, che agiscono da un lato sul potenziamento della forza contrattile del cuore; e dall’altro sulle alterazioni della funzionalità cardiaca. Questi componenti riducono la tachicardia, extrasistole e aritmie e prevengono le complicanze nei pazienti anziani, a rischio di angina pectoris o infarto, affetti da influenza o polmonite.La vitexina, principio attivo presente nel biancospino, agisce come spasmolitico, sedativo e ansiolitico naturale. Quest’azione sedativa e rilassante è utile soprattutto nei pazienti molto nervosi, nei quali riduce l'emotività, negli stati di ansia, agitazione, angoscia, e in caso d’insonnia.

Biancospino Modalità d'uso

USO INTERNO:

INFUSO: 1 cucchiaio raso foglie e fiori di biancospino, 1 tazza d’acqua Versare la miscela di foglie e fiori nell’acqua bollente e spegnere il fuoco. Coprire e lasciare in infusione per 10 min. Filtrare l’infuso e berlo al momento del bisogno in caso di palpitazioni, tachicardia e nervosismo. Lontano dai pasti contro l’ipertensione. Prima di andare a dormire per usufruire dell’azione rilassante e sedativa.
Tintura madre di biancospino: 40 gocce in poca acqua tre volte al giorno lontano dai pasti e alla sera prima di coricarsi

Controindicazioni del biancospino

Il biancospino presenta pochi effetti collaterali e controindicazioni. È sconsigliato in caso di pressione bassa. Se si assumono ipotensivi di sintesi, prima di prenderlo, è bene consultare il medico.

Descrizione della pianta

Arbusto spinoso e cespuglioso (5 m.) ha una corteccia giallastra che scurisce con l’età. Le foglie presentano lobi più o meno marcati. I fiori, riuniti in corimbi, compaiono in primavera, sono piccoli di colore bianco-rosato e molto profumati. I frutti sono delle piccole drupe rosse dalla polpa farinosa e insipida.

L'habitat del biancospino

E' un arbusto molto comune nelle zone temperate dell'emisfero nord, specialmente nei terreni incolti al limitare dei boschi.

Cenni storici

Il nome oxyacantha deriva da greco oxys che significa “punta” e akantha che vuol dire “spina”. Considerato di buon auspicio dai Greci, il biancospino era utilizzato per adornare gli altari, durante le cerimonie nuziali. I Romani lo chiamavano "alba spina" (spina bianca) e lo dedicarono alla dea Flora, che regnava sul mese di maggio, mese delle purificazioni e della castità, simboleggiata appunto dal bianco dei fiori.Per questo motivo non venivano celebrate le nozze durante quel mese e se proprio era necessario farle, si accendevano cinque torce di Biancospino in onore della dea, per placare la sua ira. Anche i Celti dedicarono la pianta al periodo che andava da metà maggio a metà giugno.Nel Medioevo sempre in quel mese, si metteva un albero di Biancospino nella piazza del paese, lo si decorava e si danzava intorno per dare prosperità al paese e per scacciare il malocchio e la sfortuna. Si diceva che i suoi fiori bianchi rappresentassero l'Immacolata Concezione; i frutti rossi, le gocce del sangue di Cristo; e i rami spinosi, la corona di spine.




di Alessandra Romeo

fonte: cure-naturali.it

28/12/19

Friedrich Nietzsche, La gaia scienza


Non pensiamo più di tanto a punire, a biasimare e a correggere! Raramente riusciremo a cambiare un individuo; e se ci riuscissimo, riuscirebbe forse a nostra insaputa anche qualcos'altro: anche noi saremmo stati cambiati da lui! Cerchiamo invece di fare in modo che il nostro influsso su tutto ciò che verrà controbilanci e soverchi il suo! Non ci impegniamo in una lotta diretta!

E questo è anche ogni biasimare, punire e voler correggere. Innalziamo invece noi stessi di tanto più in alto! Conferiamo al nostro ideale colori sempre più luminosi! Oscuriamo l'altro con la nostra luce! No, noi non vogliamo a causa sua diventare più cupi, alla stregua di tutti coloro che puniscono e sono scontenti! Facciamoci piuttosto da parte! Guardiamo altrove!

Friedrich Nietzsche, La gaia scienza

27/12/19

Cannabis, la Cassazione: "Coltivazione in casa non è reato"


La sentenza epocale è del 19 dicembre scorso. Le Sezioni Unite hanno deliberato che chi produce per uso domestico non commette un atto illegale

Non costituirà più reato coltivare, in minima quantità e solo per uso personale, la cannabis in casa: è la pronuncia epocale delle sezioni unite penali della Cassazione, il massimo organo della Corte. Il 19 dicembre scorso, infatti, è stato deliberato per la prima volta che "non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica. Attività di coltivazione che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore". Viene propugnata così la tesi per cui il bene giuridico della salute pubblica non viene in alcun modo pregiudicato o messo in pericolo dal singolo che decide di coltivare per sè qualche piantina di marijuana.

I kit per la coltivazione dei semi di cannabis sul balcone di casa sono ormai assai diffusi (in alcuni casi si vendono anche su internet) ma fino al 19 dicembre scorso la pratica era del tutto illegale: prima di questa sentenza non c'era mai stata un'apertura vera in questa direzione. La Corte costituzionale in passato è intervenuta più volte sul tema, sposando una linea rigorosa, e così la giurisprudenza ha assunto - dopo alcune isolate sentenze controverse sul tema - una posizione netta. Il principio stabilito era semplice: la coltivazione di cannabis è sempre reato, a prescindere dal numero di piantine e dal principio attivo ritrovato dalle autorità, anche se la coltivazione era per uso personale. Si affermava che "la condotta di coltivazione di piante da cui sono estraibili i principi attivi di sostanze stupefacenti" potesse "valutarsi come pericolosa, ossia idonea ad attentare al bene della salute dei singoli per il solo fatto di arricchire la provvista esistente di materia prima e quindi di creare potenzialmente più occasioni di spaccio di droga". La Cassazione, adattandosi a quanto chiarito dalla Consulta, ha finora sostenuto che la coltivazione di marijuana, anche se per piccolissime dosi (una o due piantine) è sempre reato, a prescindere dallo stato in cui si trovi la pianta al momento dell'arrivo del controllo.

Ora, anche si attendono le motivazioni della pronuncia del 19 dicembre, c'è stato un ribaltamento del principio fin qui stabilito. Sono le sezioni unite penali a mettere un punto fermo dettando un'unica linea e uniformando il trattamento per i coltivatori di "erba" in casa. "Il reato di coltivazione di stupefacente - si legge nella massima provvisoria emessa dalla Corte dopo l'udienza del 19 dicembre - è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente". "Devono però ritenersi escluse - ed è qui il punto di svolta - in quanto non riconducibile all'ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni, svolte in forma domestica che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate i via esclusiva all'uso personale del coltivatore".

di Anna Maria Liguori

26 dicembre 2019

fonte: repubblica.it

26/12/19

Charlie Chaplin, Quando ho cominciato ad amarmi


Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
mi sono reso conto che il dolore e la sofferenza emotiva
servivano a ricordarmi che stavo vivendo in contrasto con i miei valori.
Oggi so che questa si chiama autenticità.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
ho capito quanto fosse offensivo voler imporre a qualcun altro i miei desideri,
pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta,
anche se quella persona ero io.
Oggi so che questo si chiama rispetto.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
ho smesso di desiderare una vita diversa
e ho compreso che le sfide che stavo affrontando erano un invito a migliorarmi.
Oggi so che questa si chiama maturità.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
ho capito che in ogni circostanza ero al posto giusto e al momento giusto
e che tutto ciò che mi accadeva aveva un preciso significato.
Da allora ho imparato ad essere sereno.
Oggi so che questa si chiama fiducia in sé stessi.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
non ho più rinunciato al mio tempo libero
e ho smesso di fantasticare troppo su grandiosi progetti futuri.
Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e felicità,
ciò che mi appassiona e mi rende allegro, e lo faccio a modo mio, rispettando i miei tempi.
Oggi so che questa si chiama semplicità.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
mi sono liberato di tutto ciò che metteva a rischio la mia salute: cibi, persone, oggetti, situazioni
e qualsiasi cosa che mi trascinasse verso il basso allontanandomi da me stesso.
All’inizio lo chiamavo “sano egoismo”, ma
oggi so che questo si chiama amor proprio.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
ho smesso di voler avere sempre ragione.
E cosi facendo ho commesso meno errori.
Oggi so che questa si chiama umiltà.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
mi sono rifiutato di continuare a vivere nel passato
o di preoccuparmi del futuro.
Oggi ho imparato a vivere nel momento presente, l’unico istante che davvero conta.
Oggi so che questo si chiama benessere.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero e ad amare,
mi sono reso conto che il mio Pensiero può
rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho imparato a farlo dialogare con il mio cuore,
l’intelletto è diventato il mio migliore alleato.
Oggi so che questa si chiama saggezza.

Non dobbiamo temere i contrasti, i conflitti e
i problemi che abbiamo con noi stessi e con gli altri
perché perfino le stelle, a volte, si scontrano fra loro dando origine a nuovi mondi.
Oggi so che questa si chiama vita.

Charlie Chaplin, Quando ho cominciato ad amarmi

24/12/19

Un bel tacer non fu mai scritto, Vittorio Zanini


"Sembrava una persona interessante, poi ha aperto la bocca e mi sono caduti i maroni per terra", quante volte mi è capitato di dirlo. Prima di parlare bisognerebbe sempre chiedersi se è indispensabile farlo. Che pace ci sarebbe se quelli che non hanno niente da dire se ne stessero zitti.

Vittorio Zanini

Nespole Germaniche: benefici, proprietà e valori nutrizionali


Il nespolo comune (Mespilus germanica) è un albero spinoso di dimensioni medio grandi (4/5 m di altezza), la cui larghezza in genere supera l’altezza è caduco (perde le foglie in inverno) ed anche decorativo durante la fioritura. Il frutto non ancora maturo è fortemente astringente, per il contenuto di tannini, e quindi possiede proprietà antidiarroiche. Al contrario, il frutto maturo è lassativo (i tannini degradano in zuccheri) e diuretico. E’ ricco di vitamine del gruppo B, potassio e magnesio, ottimo quindi per reintegrare i sali minerali persi dopo intensa attività sportiva e contiene anche caroteni, antiossidanti. Il suo contenuto in fibre, molto alto, lo rende adatto nelle diete ipocaloriche

Mespilus germanica o nespole comuni: calorie e proprietà benefiche per l’intestino

Lo “stracitato” (perdonate il neologismo) proverbio:“Col tempo e con la paglia maturano le nespole”, ci insegna che con la pazienza si viene a capo di tutto. Bell’impresa ai nostri tempi, con questi ritmi!!! Il proverbio si riferisce al fatto che le nespole vengono lasciate nella paglia (appunto) a rammollire e cambiare di colore dal marrone chiaro al marrone scuro per il consumo. Con questa “attesa paziente” gli enzimi trasformano la polpa, dal forte sapore acido (per la presenza di tannini), rendendola commestibile. Maturano nel tardo autunno e sono commercializzati in gennaio, febbraio. Sono i primi frutti che ci dona la primavera! I frutti che acquistiamo, in genere, provengono da coltivazioni selezionate, con frutti leggermente migliorati per dimensioni e caratteristiche organolettiche.
Il nespolo comune (Mespilus germanica) è un albero spinoso di dimensioni medio grandi (4/5 m di altezza), la cui larghezza in genere supera l’altezza è caduco (perde le foglie in inverno) ed anche decorativo durante la fioritura. Ha uno sviluppo limitato quindi, ma è piuttosto longevo e si adatta molto bene a diversi tipi di terreno, anche quelli poco fertili purchè non troppo umidi Appartiene alla famiglia delle Rosaceae che comprende la maggior parte degli alberi da frutto più comuni: melo, pero, susino, ciliegio, pesco, sorbo, albicocco, cotogno. Il frutto è maturo quando assume una colorazione marrone scuro e la polpa diventa soffice. All’interno si trovano circa 5 semi duri e legnosi.

La traduzione popolare e altre curiosità

Un tempo era un frutto molto apprezzato dai contadini perchè garantiva frutta nel cuore dell’inverno, giungendo a maturazione nella brutta stagione. Oggi, l’economia globalizzata, ha eliminato il problema dell’attesa ma, ahimè, anche le nespole comuni. Si cerca di abbattere i costi … a scapito della qualità! Si stava meglio quando si stava peggio??? Scegliete voi…
Questa pianta era già conosciuta in epoca romana e nel Medio Evo. Nella farmacopea domestica, veniva usata come febbrifugo, astringente, diuretico e regolatore delle funzioni intestinali. Scomparsa dalle campagne rimase negli orti dei conventi, dove veniva impiegata dai monaci nelle preparazioni erboristiche.

Il Nespolo Comune non va confuso col nespolo del Giappone che appartiene alla stessa famiglia. La nespola del Giappone matura a maggio, viene coltivata soprattutto nella Conca d’Oro, in genere nell’Italia Meridionale, fiorisce con i primi freddi dell’inverno e i suoi fiori, sono bianchi, profumati e decorativi così come il frutto : giallo oro a forma allungata. Matura a maggio con le fragole, contiene uno o due grossi semi con i quali è possibile produrre un liquore: il Nespolino (simile al più noto Amaretto di Saronno), di colore giallo-arancione è immediatamente commestibile… Il Nespolo del Giappone, in Sicilia, viene utilizzato per produrre il pregiato miele di nespolo. Esistono molte varietà di nespole, non tutte reperibili in commercio e va precisato che le nespole di fine maggio presenti nei supermercati…sono i frutti dell’Eriobotrya Japonica, il Nespolo Giapponese, importato dall’Estremo Oriente a metà del diciottesimo secolo. La polpa del frutto, bianco-rosata, a maturazione prende un colore marrone scuro di sapore acidulo e, come tutta la frutta acidulo-zuccherina è meglio consumarla lontano dai pasti. Mentre il nespolo del Giappone è entrato a far parte delle nostre abitudini alimentari ed è stato studiato e migliorato nelle sue varietà, il nespolo comune è presente oggi, soprattutto come pianta selvatica.

Proprietà: aumenta il senso di sazietà, quindi prezioso nelle diete ipocaloriche, reintegra i sali minerali dopo lo sport.

Il decotto di buccia e polpa è un efficace diuretico.
Il frutto non ancora maturo è fortemente astringente, per il contenuto di tannini, e quindi possiede proprietà antidiarroiche. Al contrario, il frutto maturo è lassativo (i tannini degradano in zuccheri) e diuretico. E’ ricco di vitamine del gruppo B, potassio e magnesio, ottimo quindi per reintegrare i sali minerali persi dopo intensa attività sportiva e contiene anche caroteni, antiossidanti. Il suo contenuto in fibre, molto alto, lo rende adatto nelle diete ipocaloriche perchè aumenta il senso di sazietà e la pectina, fibra insolubile che protegge la mucosa del colon, ha dimostrato di ridurre i livelli di colesterolo nel sangue. La polpa del frutto viene usata anche come normalizzatore per pelli grasse.

I contenuti nutrizionali delle nespole

Le nespole sono composte per l’85% da acqua, carboidrati e zuccheri solubili per il 6,1% e, a scalare per quantità, proteine e lipidi. I minerali presenti sono: il sodio, il potassio, il ferro, il calcio ed il fosforo. Contengono anche vitamine come la B1 (tiamina), B2 (riboflavina), B3 (niacina), vitamina C e vitamina A (retinolo).

Il gusto del frutto è delicato, con un sentore floreale e molto fresco, possiede una nota acidula che lo rende ingrediente prezioso di macedonie di frutta. Le imperfezioni presenti sulla buccia, garantiscono la completa maturazione quindi non scartatele. Io diffido sempre un po’ della frutta che appaga l’occhio, il più delle volte è frutta molto trattata o raccolta acerba e fatta maturare nei depositi utilizzando l’etilene…ma questa.. è un’altra storia. Il frutto acerbo può dare luogo alla sensazione di “bocca legata” o allappata, per l’eccessivo contenuto in tannini.

Autore: Naturopata Angela Ballarati

Fonte: naturopataonline.it

23/12/19

Charles Bukowski, Sul Natale


E’ Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti. Io vorrei un dicembre a luci spente e con le persone accese.

Charles Bukowski, Sul Natale

22/12/19

Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta


Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi.

E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre. Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo.

Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta

Semi di sesamo: proprietà, utilizzi e controindicazioni


I semi di sesamo sono i più preziosi tra i semi oleosi soprattutto per prevenire l’osteoporosi. Tra le altre proprietà aiutano a ridurre il colesterolo e favoriscono la digestione e non solo. Ecco tutti i benefici dei semi di sesamo!
I semi di sesamo sono ricchi di nutrienti e sono i più preziosi tra i semi oleosi  grazie all'alto contenuto di sali minerali, carboidrati e proteine. Attualmente il sesamo viene coltivato in Birmania, Cina e India mentre in Europa viene coltivato soprattutto in Grecia e nel sud Italia. Possiamo distinguere tre principali specie di semi di sesamo: bianchi, neri e rossastri, i primi sono i più facilmente reperibili ma le proprietà nutritive sono molto simili. I semi di sesamo hanno tante proprietà benefiche: aiutano a prevenire l'osteoporosi, le malattie cardiovascolari e non solo: come i semi di zucca, ad esempio, aiutano ad abbassare il colesterolo. Ma scopriamo di più sulle proprietà di questi benefici semi oleosi.
Proprietà benefiche dei semi di sesamo
Dal punto di vista nutrizionale i semi di sesamo sono una delle principali fonti vegetali di calcio, contengono inoltre fosforo, magnesio, calcio, zinco, selenio e una buona quantità di proteine.
Aiutano a rinforzare le ossa: i semi di sesamo contengono molto calcio e sono quindi efficaci nella prevenzione dell'osteoporosi soprattutto durante il periodo della menopausa, come i semi di girasole che aiutano anche la produzione di collagene rendendo le ossa più elastiche. I semi di sesamo sono quindi una buona alternativa ai latticini per chi soffre di intolleranze, utili per rinforzare denti e ossa.
Riducono il colesterolo: grazie al contenuto di acido folico e vitamine del gruppo B, i semi di sesamo apportano all'organismo acido oleico e acido linoleico che aiutano a tenere sotto controllo il colesterolo cattivo (LDL) aumentando i livelli di colesterolo buono (HDL). Sono anche un toccasana per l'apparato cardiovascolare come i semi di zucca, grazie alla presenza di lignani che tengono sotto controllo la pressione arteriosa.
Combattono la stitichezza e proteggono il fegato: i semi di sesamo aiutano a combattere la stipsi in quanto sono ricchi di fibre, così come i semi di chia , aiutano quindi a ritrovare la regolarità intestinale e a ridurre il gonfiore addominale, se assunti nelle giuste dosi: non più di una manciata al giorno. Grazie alla sesamina i semi di sesamo sono anche un valido alleato del fegato: questo importante elemento protegge il tessuto epatico dai radicali liberi che si accumulano durante il metabolismo, ciò grazie alla loro azione antiossidante.
Favoriscono la digestione: le fibre alimentari contenute nei semi di sesamo apportano benefici all'apparato digestivo: grazie alle mucillagini favoriscono la digestione. Le sue foglie, invece, vengono utilizzare per curare alcune problematiche legate allo stomaco soprattutto in caso di irritazioni gastrointestinali.
Antiossidanti e anticancro: i semi di sesamo, grazie al contenuto di selenio, svolgono un'azione antiossidante in quanto aiutano a contrastare l'azione dannosa dei radicali liberi. In questo modo proteggono anche l'organismo dallo sviluppo del cancro al colon, grazie anche all'acido fitico.
Rinforzano il sistema immunitario e favoriscono lo sviluppo dei bambini: grazie al contenuto di zinco i semi di sesamo aiutano a rinforzare il sistema immunitario in modo naturale, così come i semi di lino. Spesso i semi di sesamo sono anche consigliati come integratori nella dieta dei bambini perché favoriscono la crescita e sono degli ottimi ricostituenti: non vanno però assunti prima dei due anni di età.
Ottimi in caso di ipertensione: i lignani contenuti nei semi di lino svolgono un'azione anti-ipertensiva, aiutano quindi a tenere sotto controllo la pressione sanguigna. Il consumo di questi preziosi semi aiuta anche a prevenire la formazione di placche sulle pareti delle arterie.
Migliorano la circolazione prevenendo la caduta dei capelli: i semi di sesamo aiutano a migliorare la circolazione sanguigna, questa caratteristica, abbinata a zinco e proteine, aiuta ad apportare benefici anche ai capelli prevenendone la caduta: è quindi utile in casi di calvizie.
Come utilizzare i semi di sesamo
I semi di sesamo vengono utilizzati in aggiunta al muesli insieme a frutta secca e altri semi oleosi, ma anche per arricchire insalate, zuppe e minestre. Inoltre vengono spesso incorporati nell'impasto per la preparazione di pane, crackers e grissini. I semi di sesamo sono perfetti anche per realizzare delle deliziose panature per pollo e verdure, sostituendolo al pangrattato.
I semi di sesamo tostati, uniti al sale marino, danno origine al gomasio: un ingrediente in polvere che può essere utilizzato come sostituto del sale. I semi di sesamo vengono utilizzati anche nella preparazione della zuppa di miso o per ottenere la tahin, salsa tradizionale della cucina turca.
Dove acquistare i semi di sesamo e come conservarli
I semi di sesamo si trovano in vendita anche presso la grande distribuzione ma, i semi di migliore qualità, possono essere acquistati in erboristeria o nei negozi di prodotti biologici. I semi di sesamo bianchi sono quelli più facilmente reperibili, mentre potrà essere più difficile trovare quelli neri, più diffusi nei Paesi orientali.
I semi di sesamo sono composti da oli particolarmente delicati che possono irrancidirsi. È quindi consigliabile conservarli in luogo fresco e asciutto al riparo dalla luce diretta, meglio se in un barattolo di vetro con chiusura ermetica. In questo modo si conserveranno per alcuni mesi.
Controindicazioni
Per usufruire delle proprietà benefiche dei semi di sesamo basta consumarne una manciata al giorno senza mai eccedere nel consumo, in quanto possono rivelarsi un alimento che facilita l'aumento di peso. I semi di sesamo possono anche causare allergie o intolleranze nei soggetti predisposti, per questo sono sconsigliati anche per i bambini al di sotto dei due anni di età. Inoltre i semi di sesamo non devono cuocere troppo altrimenti potrebbero risultare cancerogeni: durante la tostatura bisogna riscaldarli leggermente.
Un uso eccessivo di olio di semi di sesamo potrebbe causare dissenteria in quanto contiene sorbitolo, un potente lassativo naturale.
fonte: fanpage.it

13/12/19

Luna piena: effetti sull’uomo, le piante e gli animali


Non possiamo negare gli effetti della luna sulla Terra, a partire dalle maree e dalla tradizione di rispettare il calendario lunare in agricoltura. La scienza ha comprovato gli effetti della luna piena sugli animali, ma vi sono ancora forti dubbi per quanto riguarda l’uomo. Secondo la tradizione popolare le fasi lunari influiscono sul ciclo mestruale e in particolare la luna piena risulta legata al parto. Ecco alcune curiosità sugli effetti della luna piena sull’uomo, le piante e gli animali.

Effetti della luna piena sull’uomo

Difficoltà a dormire

Gli effetti della luna piena sull’uomo sono soltanto un mito? Forse qualcosa di vero c’è. La luna piena sarebbe in grado di influire sul nostro ritmo circadiano (ritmo sonno-veglia). A confermarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology, secondo cui le credenze popolari sarebbero corrette. Il tutto risalirebbe all’evoluzione dell’uomo, che sarebbe avvenuta seguendo i cicli della luna, come per gli animali. La luna piena, in conclusione, almeno per quanto riguarda il sonno sarebbe in grado di agire sul nostro orologio biologico.

Luna piena e parto

Talvolta abbiamo sentito dire che per determinare quando avverrà un parto, non dovremmo tenere conto della data di termine indicata, ma dell’arrivo della luna piena più vicina. È facile associare alle fasi lunari il ciclo mestruale e probabilmente anche per quanto riguarda le tradizioni legate al parto, esiste un fondo di verità, anche se le statistiche non ne avrebbero al momento dato conferma.

Follia

Il lunatico è il folle, il pazzo, lo sregolato, il “fool”. La follia e la pazzia sono da sempre collegate alla luna piena. La scienza è andata alla ricerca di dati statistici riguardanti l’aumento di incidenti, suicidi e omicidi durante la luna piena, ma non ha trovato conferme, almeno per quanto riguarda gli anni recenti. Il legame tra follia e luna piena è solo leggendario? C’è chi pensa, con ironia, che i comportamenti strani di alcune persone durante la luna piena siano dovuti alla mancanza di sonno di cui sopra.

Licantropia

Il cinema e la letteratura hanno tessuto trame avvincenti sul mito della licantropia. La tradizione parla di uomo lupo o di lupo mannaro. Anche la medicina in passato avrebbe descritto il fenomeno, come una sorta di “trasformazione” durante la luna piena. Vi sarebbero state forme isteriche e comportamenti inusuali che richiamavano il mondo animale. Ma ora, come spiega lo psichiatra Massimo Lai, del delirio di trasformazione nella letteratura psichiatrica non vi sarebbe quasi più traccia.

Epilessia

In passato si pensava che l’epilessia fosse scatenata proprio dalla luna piena. La scienza ha indagato sul fenomeno e avrebbe individuato un effetto diretto della luminosità, e non della luna, sulla possibilità che si scatenino delle crisi epilettiche. Secondo alcuni la luna piena non avrebbe alcun effetto sulle crisi epilettiche, secondo altri invece lo potrebbe avere indirettamente.

Effetti della luna piena sulle piante

Umidità del terreno

Secondo l’agricoltura biodinamica, dopo la luna piena inizia a crearsi una situazione di maggiore umidità nel terreno. Proviamo dunque a controllare bene il nostro orto e le nostre piante in vaso, per capire se la luna piena abbia davvero avuto effetto. Subito dopo la luna piena, l’energia delle piante inizia a scendere, con uno spostamento verso le radici.

Bulbi e tuberi

Con la luna piena e nella fase successiva, che porterà alla luna calante, sarà il momento di piantare i tuberi e gli ortaggi che crescono sottoterra: patate, carote, topinambur, cipolle, aglio, barbabietole, ravanelli. È anche il momento di piantare i bulbi floreali. Secondo l’agricoltura biodinamica, la luna piena favorisce lo sviluppo di bulbi e tuberi.

Erbe medicinali

Secondo la tradizione contadina e della medicina naturale, le erbe medicinali durante la fase della luna piena contengono i massimi livelli dei loro principi attivi e gli steli delle piante tendono a dirigere verso l’alto. Dunque i giorni di luna piena sarebbero i più indicati per la raccolta delle piante officinali e curative.

Raccolta dei fiori curativi

La tradizione agricola consiglia di raccogliere i fiori curativi e commestibili durante la fase di luna piena, poiché proprio in questo momento, soprattutto per quanto riguarda le piante aromatiche, i fiori si troverebbero nel momento di massima energia, che poi inizierà a scendere con la fase di luna calante.

Trapianti

Aspettate la luna piena e soprattutto la successiva fase di luna calante per dedicarvi a qualsiasi tipo di trapianto. La linfa delle piante tende infatti a dirigersi verso in basso e ciò favorirà una maggiore radicazione. A partire dalla fase di luna calante, dunque subito dopo la luna piena, potrete seminare basilico, cavoli, cicoria, lattuga, finocchi sedano e tutto ciò che monta a seme.

Effetti della luna piena sugli animali

Coralli

A quanto pare, durante la luna piena di dicembre, i coralli delle coste australiane concentrano tutte le loro energie riproduttive e portano alla massima deposizione di uova sulla Terra. Ad incentivare il fenomeno sarebbero temperatura, salinità dell’acqua, disponibilità di cibo e proprio gli effetti della luna piena.

Cani e gatti

Pare che proprio durante la luna piena cani e gatti corrano i maggiori rischi di incorrere in incidenti. Uno studio ha investigato questa correlazione e ha evidenziato un incremento delle visite al pronto soccorso durante la luna piena del 23% per i gatti e del 28% per i cani. I ricercatori, però, non sarebbero ancora riusciti a determinare il motivo del fenomeno.

Insetti

Insetto come la formicaleone (doodlebug) durante la luna piena scaverebbero buchi più grandi e profondi nel terreno. Si tratta di trappole a forma di imbuto che vengono preparate nell’attesa che le prede vi cadano accidentalmente. Il ciclo lunare avrebbe dunque un influsso importante su questi insetti, che sarebbe però ancora da determinare.

Leoni

I leoni vanno a caccia di preda soprattutto la notte, ma a volte cacciano meglio durante il giorno, soprattutto dopo la luna piena. Una ricerca ha dimostrato che i leoni nelle notti di luna piena consumano meno cibo, forse perché nel frattempo le loro prede sono meno attive. Dopo una notte più luminosa del solido, ma scarsa di prede, i leoni andrebbero a caccia durante il giorno per sfamarsi.

Scorpioni

I raggi UV del chiaro di luna reagiscono con una proteina presente negli scorpioni che li farebbe brillare di blu nel buio. Tendono ad essere più attivi durante la luna nuova mentre cercano riparo e riposo nel resto del ciclo lunare. È possibile che durante le notti più buie, le prede siano più disponibili.

di Marta Albè

fonte: greenme.it

11/12/19

L'uomo che piantava gli alberi


Perché la personalità di un uomo riveli qualità veramente eccezionali, bisogna avere la fortuna di poter osservare la sua azione nel corso di lunghi anni. Se tale azione è priva di ogni egoismo, se l'idea che la dirige è di una generosità senza pari, se con assoluta certezza non ha mai ricercato alcuna ricompensa e per di più ha lasciato sul mondo tracce visibili, ci troviamo allora, senza rischio di errore, di fronte a una personalità indimenticabile.
Jean Giono, L'uomo che piantava gli alberi


L'uomo che piantava gli alberi (L'homme qui plantait des arbres) è un film d'animazione del 1987 diretto da Frédéric Back, basato sul racconto omonimo di Jean Giono pubblicato nel 1953.
Il cortometraggio è il frutto di cinque anni di lavoro; i disegni sono stati realizzati coll'uso di matite colorate sfumate su fogli di acetato e sono stati animati da Back coll'aiuto di un solo intercalatore.
Il film inizia con il racconto del protagonista che fa un'escursione sulle montagne in una zona di villaggi abbandonati o caduti in disgrazia, durante la ricerca di un riparo per la notte incontra Elzéard Bouffier con il suo cane e il suo gregge, che gli offre ospitalità nella sua casa.

Il protagonista imparerà a conoscere e apprezzare il segreto dell'uomo, che si era ritirato per una vita solitaria in montagna dopo la morte del figlio e della moglie, egli pianta alberi lungo quelle montagne desolate e tristi.
Il viaggiatore torna ogni anno ad incontrare Elzéard Bouffier, interrotto nelle sue visite solo dalla prima e seconda guerra mondiale.
Ben presto gli alberi piantati dal saggio pastore ricoprono le montagne, facendo resuscitare la natura e gli abitati abbandonati dall'uomo.

07/12/19

Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria


Le comunità virtuali non costruiscono nulla. Non ti resta niente in mano. Gli uomini sono animali fatti per danzare. Quant'è bello alzarsi, uscire di casa e fare qualcosa. Siamo qui sulla Terra per andare in giro a cazzeggiare. Non date retta a chi dice altrimenti.

Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria

29/11/19

Fabrizio De André, Fiume sand creek


Vorrei ritornare ancora un attimo sui pellerossa per ricordare uno dei tanti episodi del loro sterminio ad opera, in questo caso, dei bianchi americani; è il vergognoso assalto al Sand Creek, un campo di indiani sioux, da parte di un'accozzaglia di degenerati guidati da un certo colonnello Chivington. Nel campo indiano non c'erano altri che vecchi, donne e bambini, essendo i guerrieri a caccia; fu un massacro totale con tanto di asportazione di «souvenir»: tra questi souvenir primeggiavano per finezza di fattura alcune borse di tabacco ricavate dalle mammelle svuotate delle squaw indiane, tali reperti furono esibiti due giorni dopo il massacro nel teatro di un vicino paese. Inutile dire che il colonnello Chivington fu promosso generale e quasi eletto senatore degli Stati Uniti.

Fabrizio De André


Si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura
Sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
Fu un generale di vent'anni
Occhi turchini e giacca uguale
Fu un generale di vent'anni
Figlio d'un temporale
See'è un dollaro d'argento sul fondo del Sand Creek.
I nostri guerrieri troppo lontani sulla pista del bisonte
E quella musica distante diventò sempre più forte
Chiusi gli occhi per tre volte
Mi ritrovai ancora lì
Chiesi a mio nonno è solo un sogno
Mio nonno disse sì
A volte I pesci cantano sul fondo del Sand Creek
Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso
Il lampo in un orecchio nell'altro il paradiso
Le lacrime più piccole
Le lacrime più grosse
Quando l'albero della neve
Fiorì di stelle rosse
Ora I bambini dormono nel letto del Sand Creek
Quando il sole alzò la testa tra le spalle della notte
See'erano solo cani e fumo e tende capovolte
Tirai una freccia in cielo
Per farlo respirare
Tirai una freccia al vento
Per farlo sanguinare
La terza freccia cercala sul fondo del Sand Creek
Si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura
Sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura
Fu un generale di vent'anni
Occhi turchini e giacca uguale
Fu un generale di vent'anni
Figlio d'un temporale
Ora I bambini dormono sul fondo del Sand Creek

22/11/19

Libero pensatore


Un libero pensatore è un individuo che rivendica la possibilità di esprimersi liberamente e di manifestare la propria opinione senza essere impedito o censurato da qualche autorità.

Storia

La locuzione si afferma, storicamente, nel primo illuminismo, in particolare francese e inglese (Freethinkers), per identificare gli esponenti della cultura e della vita sociale che, aderendo al deismo o assumendo posizioni esplicitamente atee, si contrapponevano più o meno direttamente alle posizioni etiche e teologiche del clero cristiano, in particolare nei confronti del dogmatismo religioso.

Con definizione più dispregiativa, questa corrente culturale fu poi identificata col termine di libertinismo, che alla valorizzazione della libertà individuale collegava, in alcuni casi, una condotta morale scevra da pregiudizi e condizionamenti sociali. Il termine passò quindi, per estensione, a identificare ogni persona che, dal punto di vista filosofico, politico, sociale e in ogni ambito della vita tiene una posizione personale, diversa e distaccata da ogni ideologia o stile di vita preconfezionato.

L'istanza libertaria espressa dal libero pensatore induce costui, in molti a casi, a contraddire in modo critico e anticonformista le idee della maggioranza o più tradizionaliste. Per questo, e per la difficoltà di inquadrare le loro idee all'interno degli schemi pre-costituiti, essi in genere sono stati spesso visti con sospetto, perseguitati o criticati, soprattutto dagli esponenti del pensiero accademico dominante o delle istituzioni religiose e politiche.

Nel corso della storia i contrasti che i liberi pensatori hanno avuto con le autorità religiose si sono conclusi nel peggiore dei modi, con atti di intolleranza a volte anche estremi.

Nel XIX secolo William Kingdon Clifford descrisse molto bene il principio cardine di questa filosofia: "è sempre sbagliato per chiunque e ovunque credere in qualsiasi cosa avendo prove insufficienti". Errico Malatesta fu in Italia il massimo teorico del libero pensiero dopo Giordano Bruno.

Caratteristiche del pensiero

Il libero pensatore ritiene che gli individui non debbano accettare come vere delle idee proposte, in modo acritico, ma che debbano passare al vaglio critico della conoscenza e della ragione. Infatti, i liberi pensatori tendono a costituire le loro certezze e le loro idee sulla base dell'osservazione scientifica della realtà e sulla base di principi logici.

Il pensiero libero postula come condizioni fondamentali una prospettiva gnoseologica, interpretativa ed espressiva. Un libero pensatore ritiene, infatti, che la conoscenza non deve essere determinata dall'autorità, dalla tradizione o, in generale, da qualsiasi altra visione dogmatica, ma essere una libera ricerca e che la libertà di ricerca si coniuga con la libertà interpretativa rispetto a canoni precedentemente fissati. In questo modo essi sono indipendenti dalle eventuali logiche fallaci o errate proposte dall'autorità, dalla cultura popolare, dai pregiudizi, tradizioni, leggende metropolitane e, in generale, qualsiasi visione dogmatica della realtà. Applicata alla religione, la filosofia del libero pensatore spesso porta a negare la possibilità di affermare l'esistenza di fenomeni soprannaturali per mancanza di prove. Poiché le credenze popolari sono molto spesso basate su dogmi, il libero pensatore è molto spesso in contrasto con la visione comune delle cose.

Onore ai martiri del libero pensiero, Giordano Bruno e Francisco Ferrer

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

21/11/19

Erich Fromm, Psicoanalisi della società contemporanea


Parlare di una società intera come psichicamente ammalata comporta implicitamente l’accettazione di un’ipotesi controversa e contraria alle posizioni del relativismo sociologico condivise dalla maggior parte dei sociologi contemporanei. Essi presuppongono che ogni società sia normale in quanto funziona, e che la patologia possa esser definita soltanto nei termini di un mancato adattamento individuale al tipo di vita proprio di tale società.

Parlare di “società sana” comporta premesse diverse da quelle del relativismo sociologico. Ed ha senso solo se presumiamo che ci possa essere una società che non sia sana; questa ipotesi, a sua volta, presuppone, per quanto riguarda la salute mentale, l’esistenza di criteri di giudizio universalmente accettati, validi per giudicare il genere umano come tale, e secondo i quali si possa giudicare la salute di una qualsiasi società. Questa posizione di umanesimo normativo è basata su alcune premesse fondamentali.

La specie “uomo” può essere definita non soltanto in termini anatomici e fisiologici; i suoi membri hanno in comune anche qualità psichiche fondamentali, le leggi che governano le loro funzioni mentali ed emotive, e lo scopo di dare una soluzione soddisfacente al problema dell’umana esistenza. In effetti la nostra conoscenza dell’uomo è ancora troppo incompleta perché sia possibile dare una definizione soddisfacente dell’uomo sotto l’aspetto psicologico. È appunto compito della “scienza dell’uomo” definire esattamente cosa si debba intendere per natura umana. Spesso per natura umana si intende semplicemente una delle sue diverse manifestazioni, spesso una manifestazione patologica, e per lo piú tale errata definizione ha la funzione di difendere un particolare tipo di società, come se questo fosse il necessario prodotto della struttura mentale dell’uomo.

Contro tale uso reazionario del concetto di natura umana, i liberali fin dal diciottesimo secolo hanno insistito sulla capacità di adattamento della natura umana e sull’influenza decisiva dei fattori ambientali. Anche se vera ed importante, questa affermazione ha indotto molti sociologi a ritenere che la struttura mentale dell’uomo sia carta bianca su cui la società e la cultura scrivono il proprio libro, e che di per se stessa non possiede alcuna qualità intrinseca. Questa ipotesi è in effetti non meno insostenibile e distruttiva per il progresso sociale di quanto lo fosse il punto di vista opposto. Il problema è di estrarre il nucleo comune a tutto il genere umano dalle molteplici manifestazioni dell’umana natura, sia normali sia patologiche, cosí come le osserviamo in individui e culture diverse. Bisogna inoltre scoprire le leggi inerenti alla umana natura, e le mete del suo sviluppo e del suo manifestarsi.

Tale concetto di “natura umana” si differenzia dall’uso convenzionale del termine. Effettivamente, come l’uomo trasforma il mondo che lo circonda, cosí, nel processo storico, egli modifica anche se stesso. Egli è, per cosí dire, la sua stessa creazione. Ma come l’uomo può trasformare e modificare gli elementi naturali che lo circondano soltanto secondo la loro particolare natura, cosí egli può modificare se stesso soltanto rispettando la propria natura. L’attività dell’uomo nel processo storico sta nello sviluppare questo potenziale attivandolo secondo le possibilità ad esso inerenti. Questo punto di vista non è né “biologico” né “sociologico”, se con ciò si mirasse a separare tra loro questi due aspetti. Esso piuttosto trascende tale dicotomia, supponendo che le diverse passioni e i diversi stimoli umani risultino dalla esistenza totale dell’uomo, che queste passioni e questi stimoli siano definiti e accettabili, alcuni atti a portare alla salute e alla felicità, altri alle malattie e all’infelicità. Un dato ordinamento sociale non crea queste esigenze fondamentali, ma determina il ristretto numero di passioni latenti che devono diventare esplicite e dominanti. L’uomo, quale appare in una data cultura, è sempre una manifestazione della natura umana, una manifestazione tuttavia che, nella sua specifica estrinsecazione, è determinata dalla struttura sociale in cui egli vive. Difatti come un bambino nasce con tutto il suo potenziale umano che si dovrà sviluppare in circostanze sociali e culturali favorevoli, cosí il genere umano nel corso del processo storico si sviluppa nell’ambito delle proprie potenzialità.

Il punto di vista dell’umanesimo normativo è sostenuto dalla convinzione che, come in altre questioni, anche per il problema dell’esistenza umana vi sono soluzioni giuste ed errate, soddisfacenti e insoddisfacenti. La salute mentale viene raggiunta se l’uomo si sviluppa, sino a raggiungere la maturità completa, in accordo con le caratteristiche e le leggi della natura umana, e le malattie mentali consistono in un mancato sviluppo in questo senso. Date tali premesse, il metro di giudizio della salute mentale non sarà stabilito in rapporto all’adattamento individuale in un dato ordinamento sociale, ma dovrà essere universale, valido per tutti gli uomini, e in grado di dare una risposta soddisfacente al problema dell’esistenza umana.

Ciò che trae specialmente in inganno quando si considerino le condizioni mentali dei membri di una società, è la “convalida consensuale” dei loro concetti. Si ritiene ingenuamente che, se certi sentimenti o certe idee sono condivisi dai piú, essi sono giusti. Niente è piú lontano dal vero. La convalida consensuale in sé non ha nulla a che vedere con la salute mentale. Come c’è una folie à deux, cosí c’è una folie à millions. Il fatto che milioni di persone condividano gli stessi vizi non fa di questi vizi delle virtú, il fatto che essi condividano tanti errori non fa di questi errori delle verità, e il fatto che milioni di persone condividano una stessa forma di malattia mentale non fa che questa gente sia sana.

C’è tuttavia una differenza importante tra malattie mentali individuali e sociali, che suggerisce una differenziazione tra i due concetti: quello di deficienza e quello di nevrosi. Se una persona non riesce a raggiungere libertà, spontaneità e genuina espressione di sé, si può ritenere che essa abbia delle gravi forme di deficienza, sempre che si creda che libertà e spontaneità siano delle mete obiettive raggiungibili da ogni creatura umana. Se poi questa meta non è raggiungibile dalla maggioranza dei membri di una data società, allora abbiamo a che fare con il fenomeno di una deficienza socialmente strutturata. L’individuo la condivide con molti altri, ma non crede si tratti di una deficienza e la sua sicurezza non è minacciata dalla consapevolezza di essere diverso, di essere, per cosí dire, un proscritto. Ciò che può aver perso in ricchezza, in sentimento genuino di felicità, è compensato dal senso di sicurezza datogli dall’adattamento al resto dell’umanità, sempre però com’egli la vede. In effetti può avvenire che proprio questa deficienza sia stata elevata a virtú dalla sua cultura, e che pertanto gliene derivi un accresciuto sentimento di successo.

Potrebbe valere come esempio il senso di angoscia e di colpa che le dottrine di Calvino hanno destato negli uomini. Si potrebbe dire che la persona oppressa dal senso della propria debolezza e indegnità, da comuni dubbi sulla salvezza o condanna della propria anima, che è difficilmente capace di gioia genuina, soffra di una grave deficienza. Tuttavia questa stessa deficienza concordava col sistema culturale, era considerata degna di particolare stima, e l’individuo era cosí protetto rispetto alle nevrosi che lo avrebbero colpito in una cultura dove uguali deficienze gli avrebbero causato un sentimento di profonda insufficienza e di isolamento.

Spinoza formulò molto chiaramente il problema della deficienza socialmente strutturata. Egli disse: “Vi sono uomini presi con grande violenza da un’unica passione: tutti i loro sensi sono cosí eccitati da un unico oggetto che essi lo hanno presente anche quando quest’oggetto non c’è. Se ciò si verifica mentre una persona è sveglia, noi diciamo che costui vaneggia. [...] Ma se l’avaro pensa soltanto al denaro e ai suoi beni, e l’ambizioso soltanto alla gloria, noi non li riteniamo pazzi, ma solo disgustosi e, generalmente, li disprezziamo. In effetti però l’avarizia, l’ambizione e altre passioni sono forme di pazzia, sebbene generalmente non siano reputate malattie”.

Queste parole, scritte qualche secolo fa, sono ancora valide anche se queste deficienze sono state strutturate culturalmente in modo tale che ormai non le si giudica piú disgustose o disprezzabili. Oggi ci incontriamo con persone che agiscono e sentono come automi: che non hanno mai avuto un’esperienza veramente propria, che conoscono se stessi non come sono nella realtà, ma come gli altri si attendono che siano, il cui sorriso convenzionale ha sostituito la risata genuina, le cui chiacchiere insignificanti hanno sostituito il colloquio comunicativo, la cui opaca disperazione ha preso il posto di un’autentica sofferenza. Due cose si possono dire per costoro: una è che soffrono di una mancanza di spontaneità e di individualità che può sembrare incurabile; nello stesso tempo si può anche rilevare come essi non sono essenzialmente diversi da milioni di altri che si trovano in eguali condizioni. Alla maggior parte di loro la cultura fornisce strutture che li mettono in grado di vivere con una deficienza senza ammalarsi. È come se ogni cultura fornisse il rimedio contro le esplosioni di evidenti sintomi nevrotici, conseguenza della deficienza che questa stessa cultura ha provocato.

Supponiamo che nella cultura occidentale il cinema, la radio, la televisione, gli avvenimenti sportivi e i giornali siano sospesi per quattro sole settimane. Chiuse queste diverse vie di evasione, quali sarebbero le conseguenze per gente ridotta solo alle proprie risorse? Indubbiamente, seppur in cosí breve tempo, si registrerebbero esaurimenti nervosi a migliaia, e ancor piú sarebbero le persone che cadrebbero in uno stato di ansia acuta non diverso dal quadro clinico di una nevrosi. Se fosse tolto il narcotico contro la deficienza sanzionata, le malattie si manifesterebbero apertamente.

Ma per una minoranza il modello fornito dalla cultura non funziona. Si tratta spesso di persone la cui deficienza individuale supera il livello medio, cosicché i rimedi offerti dal costume culturale non sono sufficienti per prevenire l’esplosione di malattie manifeste. (Il caso tipico è quello di una persona la cui aspirazione nella vita sia di raggiungere potere e fama. Anche se questa aspirazione è di per se stessa un caso patologico, c’è tuttavia una differenza tra chi usa le proprie capacità per raggiungere realisticamente la meta, e chi invece, piú gravemente malato, è ancora cosí totalmente vittima di un senso infantile della grandezza da non far nulla per raggiungere quel che desidera, da restare in attesa di un miracolo, e cosí sentendosi sempre piú impotente finisce per provare un senso di inutilità e di amarezza). Ma ci sono anche coloro la cui struttura di carattere, e di conseguenza i cui conflitti, sono diversi da quelli della maggioranza, cosicché i rimedi validi per la maggior parte degli altri a loro non giovano. In questi gruppi troviamo talvolta elementi di rettitudine e sensibilità superiori al comune, che proprio per queste ragioni, sono incapaci di accettare il narcotico culturale, ma che nel contempo non sono, abbastanza forti e sani da vivere salutarmente “contro corrente”.

La precedente discussione sulla differenza tra nevrosi e deficienza socialmente strutturata potrebbe dare l’impressione che purché la società fornisse i rimedi contro le esplosioni di sintomi manifesti, tutto andrebbe bene e contribuirebbe a funzionare senza inciampi, per quanto grandi siano le deficienze che essa stessa ha creato. La storia però ci mostra che questo non avviene.

È bensí vero che l’uomo, contrariamente agli animali, dimostra una quasi infinita capacità di adattamento; difatti, come può mangiare quasi ogni cosa e vivere praticamente sotto qualsiasi clima, cosí non esiste condizione psichica che egli non possa sopportare e nella quale non riesca a tirare avanti. Egli può vivere libero o in schiavitú, nella ricchezza e nel lusso o mezzo morto di fame e di freddo. Può vivere da soldato o da uomo pacifico; può essere sfruttatore e ladro oppure membro di una fraterna comunità. Sono poche le condizioni psichiche in cui l’uomo non possa vivere, e non c’è quasi nulla che non si possa fare di lui o per cui non possa essere adoperato. Tutte queste considerazioni sembrano giustificare la tesi secondo cui una natura comune a tutti gli uomini non esiste; il che significa praticamente che non esiste una “specie uomo” tranne che m senso anatomico e fisiologico.

Tuttavia, a dispetto di ogni evidenza, la storia dell’uomo mostra che abbiamo trascurato un fatto. Despoti e cricche dirigenti possono riuscire a dominare e sfruttare i loro consimili, ma non possono prevenire le reazioni a questo trattamento inumano. I loro sudditi si spaventeranno, diverranno sospettosi, si isoleranno; se non per cause esterne, il loro sistema ad un certo momento crollerà perché paure, sospetti ed isolamenti renderanno la maggioranza inadatta ad esercitare le sue funzioni in maniera effettiva ed intelligente. Intere nazioni o gruppi entro di esse possono esser messe in servitú o sfruttate per molto tempo, ma reagiranno. Reagiranno con l’apatia o con una tal diminuita partecipazione dell’intelligenza, dell’iniziativa e delle capacità, che essi gradualmente non saranno piú in grado di svolgere quelle funzioni che servirebbero ai loro capi. Oppure reagiranno con una tale carica di odio e di volontà di distruzione da provocare la fine di se stessi, dei capi e del sistema. Inoltre la loro reazione può suscitare uno spirito di indipendenza e un desiderio di libertà tali da porre col loro impulso creativo le premesse per una società migliore. Dipende da molti fattori, sia relativi alla situazione economica e politica sia al clima spirituale in cui la gente vive, che la reazione avvenga in un modo o in un altro. Ma quale essa sia, l’affermazione che l’uomo può vivere in quasi tutte le condizioni è vera soltanto a metà; occorre completarla con l’altra: se egli vive in condizioni contrarie alla sua natura e ai requisiti essenziali allo sviluppo e alla salute umana, non può fare a meno di reagire; dovrà decadere e perire oppure creare condizioni piú conformi ai suoi bisogni.

Che la natura umana e la società possano avere esigenze tra loro inconciliabili e di conseguenza una intera società possa essere malata, è una tesi che fu presentata molto chiaramente da Freud, particolarmente in Das Unbehagen in der Kultur.

Egli parte dalla premessa di una natura comune a tutta la razza umana al di sopra di tutte le culture e di tutte le epoche, e di certi bisogni ed aspirazioni definibili, inerenti a questa natura. Freud è convinto che cultura e civiltà si sviluppino in un sempre crescente contrasto con i bisogni dell’uomo, e cosí giunge al concetto di “nevrosi sociale”. “Se l’evoluzione della civiltà, egli scrive, ha una somiglianza cosí profonda con lo sviluppo dell’individuo e se gli stessi metodi sono usati per ambedue, non potrebbe esser giustificata la diagnosi che molti sistemi di civiltà, o suoi periodi, o forse anche tutta l’umanità sono diventati nevrotici sotto la pressione delle tendenze generali della civiltà? All’esame analitico di queste nevrosi potrebbero seguire raccomandazioni terapeutiche di grande utilità pratica. E non direi che tale tentativo di applicare la psicanalisi alla società civile sarebbe stravagante o votato alla sterilità. Ma occorre esser cauti, e non dimenticare che, dopo tutto, abbiamo a che fare soltanto con analogie, e che è pericoloso, non solo con gli uomini ma anche con i concetti, strapparli dal terreno in cui nascono e si sono maturati. La diagnosi di nevrosi collettiva tuttavia si scontrerà con difficoltà non comuni. Nelle nevrosi di un individuo possiamo servirci, come punto di partenza, del contrasto che si presenta tra il paziente e il suo ambiente, che noi presumiamo essere “normale”; mentre nessun archetipo di questo genere sarebbe valido per una qualsiasi società malata, e bisognerebbe supplirvi in qualche altro modo. Riguardo alle applicazioni terapeutiche che noi conosciamo, a che cosa potrebbe servire la piú acuta analisi di nevrosi sociale dal momento che nessuno ha il potere dl costringere la comunità ad adottare la terapia? Ma a dispetto di tutte queste difficoltà, noi speriamo che un giorno qualcuno voglia arrischiarsi in queste ricerche sulla patologia delle comunità civili”.

Questo libro vuol arrischiarsi in queste ricerche. Esso si basa sull’idea che una società sana sia quella che corrisponde ai bisogni dell’uomo, non necessariamente a quelli che egli sente essere i suoi bisogni, perché anche le aspirazioni piú patologiche possono essere sentite soggettivamente come quelle che un individuo maggiormente desidera, ma a quelli che sono obiettivamente i suoi bisogni, quali possono essere accertati dallo studio dell’uomo. Il nostro primo compito è di determinare quale sia la natura dell’uomo, e quali i bisogni che da essa derivano. Dovremo poi procedere ad esaminare il ruolo svolto dalla società nella evoluzione dell’uomo e la sua azione di stimolo sullo sviluppo dell’umanità; dovremo studiare altresí i periodici conflitti tra natura umana e società e le loro conseguenze, particolarmente per quanto interessa la società moderna.

Erich Fromm, Psicoanalisi della società contemporanea, Edizioni di Comunità, Milano, 1964, pagg. 21-28