29/06/18

Tao



Tao in carattere cinese
Il Tao (, Dào, Tao; letteralmente la Via o il Sentiero) è uno dei principali concetti della storia del pensiero cinese. Si tratta di un termine di difficile traduzione, inizialmente concepito come una potenza inesauribile che sfugge a qualunque tentativo di definizione. Il carattere cinese  (la cui parte inferiore è il radicale cinese "piede") esprime innanzitutto il concetto di movimento, di flusso: dunque si può tentare di definire il Tao come l'eterna, essenziale e fondamentale forza che scorre perennemente attraverso tutta la materia dell'Universo.
In ambito occidentale, viene talvolta tradotto come il Principio[1]. Nella filosofia taoista tradizionale cinese, il Tao è l'Universo stesso: quell'eterno, inesauribile "divenire", in costante movimento[1]. Tenendo presenti questi riferimenti, volendolo definire con una parola, il Tao "è".
Nel contesto della storia del pensiero cinese, il concetto di Tao acquisisce grande importanza in seno alla tradizione taoista, salvo poi estendere la sua influenza a tutto il panorama filosofico e speculativo cinese, fino ad essere integrato, riassorbito e reinterpretato da una molteplicità di scuole di pensiero, ivi inclusa quella confuciana. Nel corso dei secoli questa influenza si estenderà a molte altre delle cosiddette filosofie e scuole di pensiero orientali.

Struttura del Tao in origine

Il filosofo Lao-tzu, mitico fondatore del taoismo, mette in chiaro che prima di tutto vi era un non-essere trascendente e indifferenziato (che tuttavia non è il "nulla"), "la Via" (detta anche "origine", la "Madre", la "femmina oscura", ecc.), il Tao appunto, che diede origine all'essere (detto "la madre dei viventi"), ciò che esiste e da cui nacque il mondo[1]; anch'esso, tuttavia, è parte del Tao stesso, poiché della sua stessa natura, ma ha dei confini. Si tratta quindi di una filosofia del mutamento, in cui il Tao iniziale è però immutabile (e non può essere "detto", ma può essere mostrato[1]), eppure muta (e in questa forma "non è una via costante", dice Lao-tzu), una sorta di panenteismo (posizione che coniuga trascendenza e immanenza, in maniera monista), simile al brahman induista (per fare un paragone con la filosofia occidentale, invece, il Tao è paragonabile principalmente all'ápeiron di Anassimandro[1], all'Essere immutabile e perfetto di Parmenide[2], al Logos di Eraclito, degli stoici e di Giovanni evangelista, all'Uno del platonismo, al Noumeno di Kante dell'idealismo, e allo slancio vitale di Bergson; la sua differenziazione mutevole è paragonabile allo scorrere nel divenire, alle idee platoniche che forgiano le forme sensibili).[1]
Il Tao all'inizio del tempo - nello stato di non-essere - era in uno stato chiamato wu ji (无极 = assenza di differenziazioni/assenza di polarità). A un certo punto - nell'essere - si formarono due polarità di segno diverso che rappresentano i principi fondamentali dell'universo, presenti nella natura[1]:
  • Yin, il principio negativo, freddo, luna, femminile ecc. rappresentano il nero.
  • Yang, il principio positivo, caldo, sole, maschile, ecc. rappresentano il bianco.
Lo scopo del taoista è comprendere questa evoluzione e le successive, e tornare, tramite la meditazione e la retta pratica di vita, ad avvicinarsi all'unità iniziale del Tao: l'obiettivo finale è portare il discepolo, il praticante e lo studente, ad un completo stato di unificazione con l'universo, con il Tao quindi. Tutta la vita emerge dal Wuji, inconsapevolmente. Attraverso le pratiche taoiste è quindi possibile raggiungere l'immortalità (detta xian) e ritornare allo stato di Wuji, energia pura, dissolvendosi nell'Uno, quindi nel Tao.[1]

Evoluzione

Yin e Yang
Da essi deriva tutto il mondo visibile e invisibile della cosmologia taoista.
I due principi, il divino individuo immaginario maschile e il divino immaginario femminile, iniziarono subito a interagire, dando origine alla suprema polarità o T'ai Chi o Taiji (Pronuncia Wu-ci). Il simbolo da tutti conosciuto come Taijitu è il più famoso di molti simboli che rappresentano questa suprema polarità e che sono chiamati T'ai Chi T'u. È importante evidenziare che nella filosofia Taoista Yin e Yang non hanno alcun significato morale, come buono o cattivo, e sono considerati elementi di differenziazione complementari.
Da essi deriva il qi (detto anche ki o chi) l'energia che scorre nel mondo fisico, nell'orizzonte naturalista del taoismo, rappresentato dai cinque elementi (acqua, legno, fuoco, metallo, terra), che si combinano a loro volta nelle otto forze.

Descrizione

Essendo il Tao ineffabile, cioè indescrivibile, per comprenderlo si può ricorrere alla seguente analogia, tratta da Lao-tzu[1]: immagina una persona che cammina su una strada, portando sulle spalle un fusto di bambù. Alle due estremità del bambù, sono appesi due secchi. I due secchi rappresentano lo yin e lo yang. Il bambù rappresenta il Tai Chi, l'entità che collega lo yin e lo yang. La strada è il Tao.
Ordine di scrittura
Il Tao può essere interpretato come una "risonanza" che risiede nello spazio vuoto lasciato dagli oggetti solidi. Allo stesso tempo, esso scorre attraverso gli oggetti dando loro le caratteristiche. Nel Tao Te Ching si dice che il Tao nutra tutte le cose, che crea una trama nel caos. La caratteristica propria di questa trama è una condizione di inappagabile desiderio, per cui i filosofi taoisti associano il Tao al cambiamento; le rappresentazioni artistiche che tentano di rappresentare il Tao sono caratterizzate da flussi.
Se per il confucianesimo il Tao rappresenta un principio etico, una norma di comportamento sociale, per il taoismo esso non è altro che il processo di mutamento e divenire di tutte le cose. Nel Libro dei mutamenti si legge: "Una volta yin, una volta yang, ecco il tao". Questa definizione del Tao come risultato dell'alternanza di yin (principio femminile) e yang (principio maschile) sintetizza nel modo più appropriato l'idea di perenne divenire implicita nel Tao, che è costantemente incostante, comprensivo di ogni cosa e del suo opposto, di essere e non-essere, di vivere e morire, di conoscere e non-conoscere.
Dunque, ogni qualità è potenzialmente presente nel Tao e si sviluppa in maniera spontanea, dando così origine e inserendosi in un universo concepito in termini non statici ma dinamici, il cui "ordine naturale" esclude però l'intervento finalizzato umano (secondo la concezione del wu wei, "non agire") in quanto nocivo al libero gioco delle alternanze.[3]

Note

Girolamo Mancuso, note a Il Libro del Tao - Tao-Teh-Ching, Newton & Compton, 1995

  1. ^ si veda anche la riproposizione di Martin Heidegger
  2. ^ Enciclopedia Europea, Volume XI, Milano, Garzanti, 1981

Voci correlate

Altri progetti


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

26/06/18

Sul filo, Vittorio Zanini

Cerco sempre di fare le cose come se mi avanzassero ancora pochi anni di vita. Pensare che le cose che stai facendo saranno le ultime è miracoloso. Ci metti tutto te stesso, cerchi di farle tutte nel miglior modo possibile e rischi, perché pensi di non aver più niente da perdere e allora dai quel qualcosa in più che fa la differenza.
Vittorio Zanini

25/06/18

E' meglio perdersi lungo la strada, Vittorio Zanini

A volte, inseguendo un'ipotetica meta, lungo la strada sono distratto e non guardo tutte le cose belle che incontro. Mi concentro troppo solo su quell'obbiettivo, pensando che il bello sia solo dove ho deciso di arrivare. E' un po come quando vado a funghi nel bosco e volendo arrivare subito dove li ho sempre trovati tutti gli anni, faccio il sentiero quasi di corsa sino al posto "sicuro", perdendomi tutti quelli che c'erano lungo la strada. Se solo avessi fatto più attenzione. E poi, spesso, quando arrivi dove volevi arrivare, rimani deluso e non trovi quasi niente di quello che ti aspettavi. E' meglio perdersi lungo la strada, senza mai avere una meta certa.
Vittorio Zanini

Libertà, Vittorio Zanini


Bisogna abituare le persone alla nostra assenza e non ad una costante presenza, cosi non le deluderemo quando ce ne andremo.

Vittorio Zanini

24/06/18

Per vivere serenamente, Vittorio Zanini

Dal momento in cui nasci sembra che sia tutto un dovere sta vita, anziché tutto un piacere come dovrebbe essere. Per vivere serenamente bisogna liberarsi dai falsi sensi di colpa che questa società malata crea in noi.
Vittorio Zanini

23/06/18

Ogni persona che incontriamo ci serve a migliorarci, Vittorio Zanini

Ogni persona che incontriamo ci serve a migliorarci e a capire chi siamo e che cosa vogliamo diventare. Anche quelle negative che non ci piacciono ci insegnano qualcosa, a non essere mai come loro. Se in una persona vedo qualcosa che non mi piace, cerco subito di capire se c'è anche in me e se è eliminabile o meno. Ma attraverso gli altri a volte scopriamo anche qualcosa di bello in noi che non conoscevamo. Ci servono un po come specchio per capire in che cosa stiamo sbagliando. Assorbiamo quello che c'è di bello in loro, ed eliminiamo quello che abbiamo visto di negativo in noi attraverso di loro.
Vittorio Zanini

Connessioni, Vittorio Zanini

Ci sono alcune persone che conosco cosi bene, anche se incontrate da pochissimo tempo, da poter quasi sempre sapere in anticipo cosa faranno e diranno, in che modo e con quali gesti. Spesso pensiamo alle stesse cose nello stesso momento, anche se siamo a migliaia di chilometri di distanza. E' come se ci fosse una connessione radiofonica. E penso che anche dall'altra parte riescano ad ascoltare me quando sono sintonizzati sulla mia frequenza.
Vittorio Zanini

22/06/18

Un buon giorno è quello in cui riesco a capire una cosa che non volevo capire, Vittorio Zanini

Un buon giorno è quello in cui riesco a capire una cosa che non volevo capire, ad abbattere un alto muro e ad avanzare di un'altra casella. Ci sono tante cose che prendiamo come scontate, come verità assolute, molte delle quale provenienti dall'ambiente in cui viviamo, altre da dentro noi stessi. Con delle certezze è sicuramente più facile vivere. La verità la cerca solo chi lo desidera veramente. E' molto faticoso e doloroso scavare dentro se stessi vedendo svanire tutto quello in cui credevamo e accettarlo.
Vittorio Zanini

Quando ti spingi in un abisso, Vittorio Zanini

Quando ti spingi in un abisso il vortice è talmente forte che ti porta fino in fondo. L'importante è avere la forza di risalire portando con sé quello che si è visto.
Vittorio Zanini

18/06/18

14 paesi africani costretti a pagare tassa coloniale francese


Sapevate che molti paesi africani continuano a pagare una tassa coloniale alla Francia dalla loro indipendenza fino ad oggi?

Quando Sékou Touré della Guinea decise nel 1958 di uscire dall’impero coloniale francese, e optò per l’indipendenza del paese, l’elite coloniale francese a Parigi andò su tutte le furie e, con uno storico gesto, l’amministrazione francese della Guinea distrusse qualsiasi cosa che nel paese rappresentasse quelli che definivano i vantaggi della colonizzazione francese.

Tremila francesi lasciarono il paese, prendendo tutte le proprietà e distruggendo qualsiasi cosa che non si muovesse: scuole, ambulatori, immobili dell’amministrazione pubblica furono distrutti; macchine, libri, strumenti degli istituti di ricerca, trattori furono sabotati; i cavalli e le mucche nelle fattorie furono uccisi, e le derrate alimentari nei magazzini furono bruciate o avvelenate.

L’obiettivo di questo gesto indegno era quello di mandare un messaggio chiaro a tutte le altre colonie che il costo di rigettare la Francia sarebbe stato molto alto.

Lentamente la paura serpeggiò tra le elite africane e nessuno dopo gli eventi della Guinea trovò mai il coraggio di seguire l’esempio di Sékou Touré, il cui slogan fu “Preferiamo la libertà in povertà all’opulenza nella schiavitù.”

Sylvanus Olympio, il primo presidente della Repubblica del Togo, un piccolo paese in Africa occidentale, trovò una soluzione a metà strada con i francesi. Non voleva che il suo paese continuasse ad essere un dominio francese, perciò rifiutò di siglare il patto di continuazione della colonizzazione proposto da De Gaule, tuttavia si accordò per pagare un debito annuale alla Francia per i cosiddetti benefici ottenuti dal Togo grazie alla colonizzazione francese. Era l’unica condizione affinché i francesi non distruggessero prima di lasciare.Tuttavia, l’ammontare chiesto dalla Francia era talmente elevato che il rimborso del cosiddetto “debito coloniale” si aggirava al 40% del debito del paese nel 1963. La situazione finanziaria del neo indipendente Togo era veramente instabile, così per risolvere la situazione, Olympio decise di uscire dalla moneta coloniale francese FCFA (il franco delle colonie africane francesi), e coniò la moneta del suo paese. Il 13 gennaio 1963, tre giorni dopo aver iniziato a stampare la moneta del suo paese, uno squadrone di soldati analfabeti appoggiati dalla Francia uccise il primo presidente eletto della neo indipendente Africa. Olympio fu ucciso da un ex sergente della Legione Straniera di nome Etienne Gnassingbeche si suppone ricevette un compenso di $612 dalla locale ambasciata francese per il lavoro di assassino. Il sogno di Olympio era quello di costruire un paese indipendente e autosufficiente. Tuttavia ai francesi non piaceva l’idea. Il 30 giugno 1962, Modiba Keita , il primo presidente della Repubblica del Mali, decise di uscire dalla moneta coloniale francese FCFA imposta a 12 neo indipendenti paesi africani. Per il presidente maliano, che era più incline ad un’economia socialista, era chiaro che il patto di continuazione della colonizzazione con la Francia era una trappola, un fardello per lo sviluppo del paese. Il 19 novembre 1968, proprio come Olympio, Keita fu vittima di un colpo di stato guidato da un altro ex soldato della Legione Straniera francese, il luogotenente Moussa TraoréInfatti durante quel turbolento periodo in cui gli africani lottavano per liberarsi dalla colonizzazione europea, la Francia usò ripetutamente molti ex legionari stranieri per guidare colpi di stato contro i presidente eletti:


– Il 1 gennaio 1966, Jean-Bédel Bokassa, un ex soldato francese della legione straniera, guidò un colpo di stato contro David Dacko, il primo presidente della Repubblica Centrafricana.

– Il 3 gennaio 1966, Maurice Yaméogo, il primo presidente della Repubblica dell’Alto Volta, oggi Burkina Faso, fu vittima di un colpo di stato condotto da Aboubacar Sangoulé Lamizana, un ex legionario francese che combatté con i francesi in Indonesia e Algeria contro le indipendenze di quei paesi.

– il 26 ottobre 1972, Mathieu Kérékou che era una guardia del corpo del presidente Hubert Maga, il primo presidente della Repubblica del Benin, guidò un colpo di stato contro il presidente, dopo aver frequentato le scuole militari francesi dal 1968 al 1970.

Negli ultimi 50 anni un totale di 67 colpi di stato si sono susseguiti in 26 paesi africani, 16 di quest’ultimi sono ex colonie francesi, il che significa che il 61% dei colpi di stato si sono verificati nell’Africa francofona.

di Mawuna Remarque Koutonin

FONTE: globalist.it

17/06/18

Non mi piace competere, se non con me stesso. Vittorio Zanini

Non mi piace competere, se non con me stesso. Quando nella vita mi capita di incontrare persone molto competitive che vogliono sempre gareggiare con tutti per arrivare "primi", io mi fermo e cambio strada. Li lascio andare "avanti" e me li dimentico. Seguo il mio cammino con il mio ritmo, sempre in solitaria. Ma a distanza di anni, io, pur essendo apparentemente restato indietro, col mio passo lento, ho percorso migliaia di chilometri, tagliato tanti traguardi e raggiunto i miei obiettivi, mentre loro sono sempre nel punto in cui li ho lasciati.
Vittorio Zanini