22/06/20
Giuseppe Bucalo l’antipsichiatra
Si dice "randagio" di animale, che vaga senza padrone o fuori da un branco; di persona, che va errando per il mondo senza meta e senza dimora.
I randagi (umani o animali che siano) sembrano avere come unica possibilità di vita la negazione violenta del loro essere attraverso la reclusione o l'addomesticamento.
Nel vagabondare senza padrone e fuori dal branco, non si vede normalmente un'espressione di libertà, ma il sintomo di un disagio o di un disordine. Per questo accalappiare e rinchiudere in canili i randagi o prelevare e internare in reparti psichiatrici i matti, non viene vissuto come una violenza e come una limitazione di libertà, ma semmai come una liberazione dal disagio.
E certamente togliere di mezzo i randagi umani e animali dalle strade, dalle famiglie e alla vista sociale, risponde ad un disagio. Non il loro, anche se è in loro nome che viene perpetrato ogni internamento, ma il nostro disagio che non ci permette di tollerarne e accettarne l'esistenza.
Giuseppe Bucalo l’antipsichiatra
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