01/11/19

Arthur Schopenhauer, L'arte di conoscere se stessi


Già a trent'anni ne avevo sinceramente abbastanza di dover considerare come miei simili esseri che in realtà non lo sono. Finché il gatto è giovane gioca con pallottoline di carta perché crede che siano vive e simili a lui. Ma una volta cresciuto, sa che cosa sono e le lascia stare. Lo stesso è capitato a me con i bipedes. Similis simili gaudet [il simile gode del simile]: per essere amati dagli uomini bisognerebbe essere simili a loro. Ma che il diavolo se li porti! Quello che li fa andare e stare insieme è la trivialità, la piccineria, la piattezza, la debilità mentale e la meschinità. Perciò il mio saluto a tutti i bipedes è:pax uobiscum, nihil amplius! [la pace sia con voi, niente di più!]. L'uomo di natura più nobile in gioventù crede che i rapporti essenziali e decisivi, e i legami tra gli esseri umani che ne nascono, siano quelli ideali, cioè basati sull'affinità nel modo di sentire e di pensare, nel gusto, nelle capacità mentali. Sennonché, più tardi si accorge che sono invece quelli reali, cioè quelli che poggiano su qualche interesse materiale. Sono questi che stanno alla base di quasi tutti i legami. La maggior parte degli uomini non ha anzi alcuna idea di altri rapporti. Perciò, quanto più uno si eleva spiritualmente, tanto più triviali gli debbono sembrare gli uomini, con la stessa certezza per cui, se dai piedi di una torre alla cima ci sono trecento piedi, dalla cima ai piedi ce ne devono essere altrettanti.

Arthur Schopenhauer, L'arte di conoscere se stessi

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