20/01/18

Boswellia




Boswellia Roxb. ex Colebr. è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Burseraceae.
Questo genere comprende una trentina di specie distribuite in Africa, nella Penisola Arabica e in India; 9 specie sono presenti nell'Africa continentale, 7 nell'isola di Socotra e 2 in India[senza fonte]. Le specie note per la produzione di incenso sono Boswellia sacra (OmanYemen e N Somalia), B. frereana (N Somalia), B. papyrifera (principalmente diffusa in Eritrea ed Etiopia, ma sporadicamente presente anche in Uganda, NE Nigeria, Repubblica Centro Africana e Chad) e B. serrata (India). Le rimanenti specie non sono sfruttate commercialmente per la produzione dell'incenso (se non dalle popolazioni locali, in maniera saltuaria). Degno di interesse è il fatto che nell'isola di Socotra siano presenti ben 7 specie di Boswellia, la maggiore concentrazione in rapporto alla modesta superficie dell'Isola, a conferma dell'importanza di Socotra come centro attivo di speciazione.

Boswellia sacra: disegno originale di Carter (1847)
L'incenso è una gommoresina che essuda dalla corteccia delle piante di Boswellia; la raccolta si effettua producendo delle decorticazioni ovali sui rami usando un attrezzo che si chiama menghaf, una specie di scalpello affilato da un lato per decorticare i rami e non affilato dall'altro per raccogliere la resina. Le specie che producono incenso della migliore qualità sono B. sacraB. frereana e B. papyrifera. La resina viene selezionata in quattro o cinque gradi di qualità a seconda della grandezza dei grani essiccati, del colore e della purezza; la qualità dipende anche dal periodo di raccolta e dall'ambiente dove crescono le piante.
L'incenso, al di là dei suoi impieghi nelle cerimonie tradizionali e nella medicina popolare dei paesi di produzione, è anche richiesto in molti mercati del vecchio e nuovo continente perché utilizzato in molte manifestazioni della vita religiosa e sociale e in svariati campi, dall'industria dei profumi a quella farmaceutica. Una parte consistente della gommoresina è costituita da polisaccaridi, fra cui galattosio e arabinosio, mentre il resto è formato da acidi pentaciclici, responsabili del profumo, i cosiddetti acidi boswellici. Benché l'incenso sia conosciuto e sia stato utilizzato presso tutte le grandi civiltà mediterranee e medio-orientali da più di 3500 anni, le piante che lo producono sono state scoperte e descritte solo da qualche secolo: la pianta dell'Etiopia è stata scoperta nel 1805 a Tecazze (Etiopia) e descritta come B. papyrifera nel 1843; la pianta della Penisola Arabica è stata osservata per la prima volta nel 1844 presso Mirbat (Dhofar), poi nel 1846 a Ras Fartak, lungo le coste dello Yemen e descritta come B. sacra solo nel 1867. È davvero sorprendente che per tanti secoli sia avuta una completa ignoranza della fonte (l'albero) di un prodotto (l'incenso) così largamente utilizzato e ricercato! La maggioranza delle specie di Boswellia presenta foglie composte imparipennate, caduche. La caducità è legata a periodi di riposo per estivazione, cioè la pianta va a riposo, perdendo le foglie e sospendendo la fase vitale, nel periodo più caldo ed arido.

Specie

Specie dell'Isola di Socotra
  • L'Isola di Socotra con soli 3.800 km² di superficie è un territorio di ben modesta estensione se paragonato all'Arabia meridionale, all'Africa e all'India. Tuttavia essa possiede ben 7 specie di Boswellia, tutte endemiche, dimostrandosi così un attivo centro di differenziazione di questo genere. Le specie presenti sull'Isola sono: Boswellia socotrana Balf.f., B. nana Hepper, B. popoviana Hepper, B. ameero Balf.f., B. elongata Balf.f., B. dioscoridis Thulin e B. bullata Thulin; queste ultime due scoperte e descritte nel 2001 da Mats Thulin, eminente botanico svedese. Attualmente l'incenso prodotto dalle specie di Socotra ha un uso solo locale, nelle moschee o nella medicina popolare, masticato come tonico per i disturbi dello stomaco o usato per otturazioni dentarie; il suo commercio è di scarsa importanza economica, talora viene venduto nei mercati locali o inviato in regalo agli emigrati in Oman o negli Emirati.
Specie della Somalia, Yemen e Oman
  • Boswellia sacra Flueck. - Specie presente nel Nord della Somalia (Corno d'Africa), nel SE dello Yemen (Hadramaut e Mahra) e nel Dhofar (Oman meridionale). Produce incenso di ottima qualità (chiamato "beyo"). Vai alla pagina!
Specie della Somalia
  • Boswellia frereana Birdw. - N Somalia, versanti rocciosi e valloni dal livello del mare fino a 750–1000 m, su rupi e creste calcaree; caratteristica di questa specie è la parte basale del tronco che si allarga a ventosa attaccandosi saldamente alla roccia, anche su pareti quasi verticali; spesso questa parte basale appare biancastra perché ricoperta dall'eccesso della resina colata lungo il tronco. La resina di B. frereana, chiamata “maidi” , oltre ad essere usata come incenso, è anche masticata ed utilizzata nella medicina popolare.
  • Boswellia globosa Thulin - N Somalia: specie descritta da Thulin nel 2006 , nota al momento per una sola località vicino a Togga Horgobble, sul versante calcareo di M. Iddie, boscaglia semidesertica, alt. 150–250 m.
Specie dell'Etiopia
  • Boswellia ogadensis Vollesen - Etiopia: regione di Harerge, sui versanti calcarei della boscaglia ad Acacia-Commiphora, 300–400 m, in località Kelafo. Nessuna informazione su produzione e utilizzo della resina.
  • Boswellia pirottae Chiov. - Etiopia: regioni di Gonder, Gojam, Welo e Shewa, nell'area dei bacini dei fiumi Tekeze, Abay e Gibe. Sporadica nelle boscaglie di Commiphora- Combretum e Acacia-Lannea, su versanti rocciosi ripidi, fra 1200 e 1800 m. Nessuna informazione su produzione e utilizzo.
Specie dell'Etiopia, Somalia e Kenya
  • Boswellia rivae Engl. - Etiopia sud orientale: regioni di Sidamo, Bale, Harerge, nelle boscaglie di Acacia-Commiphora, su sabbie rosse o suoli sassosi calcarei, fra 250 e 800 m - Kenya: Daua valley, boscaglie di Acacia-Commiphora su colline calcaree, fra 270 e 750 m - Somalia: regioni di Woqooyi, Sanaag, Mudug, Galguduud, Hiiraan, Bakool, Gedo, Bay, nelle boscaglie aperte di Acacia-Commiphora, spesso su creste rocciose calcaree, fra 200 e 920 m. La resina trasuda naturalmente in piccole quantità, rapprendendosi in grani odoranti di incenso ed è usata localmente come incenso ed è anche masticata.
  • Boswellia microphylla Chiov. - Etiopia sud orientale: regioni di Sidamo, Bale, Harerge, nelle praterie alberate e boscaglie di Acacia-Commiphora, su suoli sabbioso-ghiaiosi calcarei, fra 400 e 1300 m - Somalia: oltre-Giuba, ai pozzi di Dubbo e regione di Gedo e Bay, fra Dorianle e Oneiatta - NE Kenya: Moyale, Dandu, War Gedud e Wajir, nelle boscaglie di Acacia-Commiphora su creste e versanti rocciosi, su suoli di sabbie rosse, fra 220 e 750 m. La resina ha un uso locale come incenso.
Specie ad ampia distribuzione in Africa
  • Boswellia neglecta S. Moore - Kenya: Garissa, Meru National Park, a nord di Kenmare, distretto di Teita, Duruma-Teita, Bura Hills, nelle boscaglie di Acacia-Commiphora su suoli lavici e suoli rossi sabbiosi, fra 200 e 1350 m - NE Uganda, distretto di Karamoja nei pressi di Moroto - NE Tanzania, distretti di Moshi, Lago Chala, Pare, Mkomazi, Lushoto, Kivingo - SE Etiopia: regioni di Gamo, Gofa, Sidamo, Bale e Harerge, boschi, praterie alberate e boscaglie di Acacia-Commiphora, su suoli rossi sabbiosi giacenti su calcare, ma anche su rocce basiche; alt. 600–1750 m; distretto di Liban, fra i fiumi Genale e Dawa - Somalia: regioni di Woqooyi, Galbeed, Togdheer, Mudug, Galguduud, Hiiran, Bakool, Gedo, Bay, Banaadir, nelle boscaglie di Acacia-Commiphora su suoli di sabbie rosse, spesso su calcare, ma anche su suoli gessosi o alluvionali, fra 130 e 990 m. La resina ha un uso locale come incenso ed anche per impermeabilizzare contenitori d'acqua.
  • Boswellia papyrifera (Del.) Hochst. - Eritrea sud-occidentale e meridionale: pianure, montagne e altopiani fra 600 e 1800 m - Etiopia: regioni del Tigray, Amhara, Gonder, Gojam, Welega, Welo, Shewa, fra 950 e1800 m. Questa specie è segnalata anche in Nigeria, Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Sudan, Uganda. Molti autori includono in B. papyrifera anche B. dalzielii Huch., una specie ancora poco nota presente in Burkina Faso e Camerun. La resina costituisce l'incenso etiopico ed è largamente raccolta in Etiopia e in Eritrea. È di qualità inferiore rispetto alla resina che si ottiene da Boswellia sacra e da B. frereana, ma viene raccolta ed esportata in grandi quantità.
Specie dell'India
  • Boswellia serrata Roxb. ex Colebr. - India: ampiamente distribuita su tutto il territorio, maggiormente concentrata negli Stati del Madhya Pradesh e del Rajastan, dove forma lembi di foresta quasi pura[7]. L'incenso è usato soprattutto nella medicina popolare per la preparazione di unguenti contro le piaghe e le eruzioni della pelle.
  • Boswellia ovalifoliolata Balakr. & Henry - India: specie endemica degli Eastern Ghats, negli Stati di Orissa, Andhra Pradesh e Tamil Nadu, fra 0 e 300 m. La resina, giallo-pallida, viene usata dalle popolazioni locali per curare varie malattie come ulcere della bocca, dello stomaco, dissenteria ameboide e idrocele La raccolta eccessiva della resina da parte dei locali ha indebolito le piante provocando la loro rarefazione; questa specie è riportata nel libro rosso CITES come "endangered" (specie in pericolo di estinzione).

Usi terapeutici

La Boswellia viene utilizzata in medicina ayurvedica nei trattamenti per il diabete, per la febbre e alcune patologia cardiovascolari, dermatologiche e neurologiche. Agli acidi boswellici vengono attribuite proprietà antinfiammatorie, antireumatiche e antidolorifiche, perciò sono indicati per combattere l'artrosi e anche l'artrite reumatoide in fase iniziale, in quanto bloccano la formazione dei leucotrieni (inibendo l'enzima 5-lipossigenasi), responsabili e mediatori chimici dell'infiammazione. L'incenso si è rivelato utile anche in altre patologie croniche come l'asma bronchiale e la colite ulcerosa.

Bibliografia

  • Flora of Ethiopia:Burseraceae, Vol. 3, pp. 442–478, Addis Ababa, Asmara, Upsala, 1989
  • Flora of Somalia: Burseraceae, Vol. 2, pp. 183–228, Royal Bot. Gardens, Kew, 1999.
  • Flora of Tropical East Africa, Burseraceae, pp. 1–94, A.A. Balkema, Rotterdam, Brookfield, 1991.
  • Mauro Raffaelli e Marcello Tardelli, "L'incenso fra mito e realtà", Firenze, Centro Studi Erbario Tropicale, pubbl. n. 108, 2007.

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

18/01/18

Io non voglio essere nessuno. Vittorio Zanini


Dicendo io sono questo o quello ti poni dei limiti. Ti definisci un tipo di uomo al quale vorresti assomigliare o che credi di essere, pretendendo che gli altri riconoscano questa immagine come reale. Poi per tutta la vita cercherai di difendere quella forma che ti sei dato, rinchiudendoti sempre più in quella gabbia che ti sei creato e dalla quale non potrai più uscire, anche quando capirai di non assomigliare affatto alla maschera che hai indossato fino a quel momento. Io non voglio essere nessuno. Se non sei nessuno puoi essere qualunque cosa e sperare addirittura di diventare quello che realmente sei.

Vittorio Zanini, 18 gennaio 2015 alle ore 13:36

14/01/18

I Saharawi e il Sahara Occidentale


Il Sahara Occidentale è l’ultimo paese africano a non aver ancora ottenuto l’indipendenza formale e sostanziale. Lo status internazionale del Sahara Occidentale, per l’ONU, è quello di un territorio da decolonizzare, incluso nella lista dei territori “non autonomi ”. Il Marocco rappresenta un paese che occupa illegalmente il Sahara.
Origini di questo popolo
Prima della colonizzazione spagnola i Saharawi sono un popolo nomade, suddiviso in numerose tribù che in momenti di emergenza e necessità ritrovano l’unità e la coscienza di
appartenere ad uno stesso insieme, con una origine comune. La gran maggioranza della popolazione saharawi è il risultato di una una simbiosi tra il popolo berbero e quello arabo.
Condividono la stessa lingua, l’hassanya, la stessa religione, l’Islam. I nomadi del Sahara Occidentale sono monogami e valorizzano molto la figura femminile, responsabile della
gestione dei campi e dell’educazione dei figli. Il culto per la libertà e il forte spirito di solidarietà, sono i tratti più importanti del carattere dei nomadi saharawi, i quali per la loro
libertà si sono sempre dimostrati pronti a grandi sacrifici.
Storia
La colonizzazione spagnola iniziò nel 1884-1885, anno della conferenza di Berlino in cui gli stati europei si spartirono a tavolino il continente africano. Fu creato il Sahara Spagnolo. Fu solo verso la fine degli anni cinquanta, quando furono scoperti i giacimenti di fosfato nella città di Bu Craa, che la Spagna si interessò al Sahara Occidentale.
Nel 1965 le Nazioni Unite formularono il primo invito alla Spagna ad iniziare il processo di decolonizzazione del Sahara Occidentale (risoluzione 2072XX) che fu seguito fino al 1973 da altre sei risoluzioni, che oltre a richiedere la liberazione della regione, invitava la Spagna ad organizzare un referendum sotto la tutela delle Nazioni Unite per dare la possibilità alla popolazione di esprimere liberamente il loro diritto all’autodeterminazione.
Nel 1974 la Spagna si decise ad organizzare un processo di decolonizzazione del Sahara Occidentale e un referendum di autodeterminazione, sotto l’egida dell’ONU, con il quale la
popolazione  saharawi  avrebbe  deciso  il  suo  futuro.  Contemporaneamente  a  questa dichiarazione spagnola, il  Marocco (re Hassan II) fece sapere che non avrebbe mai
permesso un referendum ed invaso il Sahara Occidentale. Nel frattempo anche la Mauritania iniziò a rivendicare dei diritti storici sul Sahara Occidentale.
La Spagna abbandonò il popolo saharawi al suo destino, firmando il 14 novembre 1975, gli accordi tripartito di Madrid tra Spagna, Marocco e Mauritania. Questo accordo sancirà il
disimpegno della Spagna e la spartizione del Sahara Occidentale, (la parte meridionale andava al Marocco e la parte settentrionale alla Mauritania).  Con l’occupazione militare
marocchina, iniziò la guerra. Cominciò l’esodo di buona parte del popolo saharawi che si rifugerà nel deserto algerino in prossimità di Tindouf, dove ancora oggi vive.
Ora, il popolo saharawi si trova diviso: una parte vive nel territorio occupato dai marocchini (ad ovest del muro),  l’altra in esilio, sopratutto nei campi profughi algerini. Nel territorio liberato dal Fronte Polisario (ad est del muro), non vive nessuno a parte qualche nomade.
Il 28 febbraio1976 è proclamata, insieme al Consiglio nazionale sahariano la nascita della RASD (Repubblica Araba Saharawi Democratica), uno Stato libero, indipendente, sovrano, organizzato secondo un sistema nazionale democratico arabo, d’orientamento Unionista, progressista  e  di  religione  islamica.  Le  Nazioni  Unite  riconobbero  la  RASD  come rappresentante del popolo del Sahara Occidentale.
Nel frattempo la Mauritania procedeva il 25 agosto del 1979 ad un accordo di pace con il Fonte Polisario  in base al quale la Mauritania si ritirava dalle zone occupate.
Dopo anni di guerra, nel 1990 vengono firmati gli accordi di pace con la mediazione delle Nazioni Unite. Il piano prevedeva il cessate il fuoco, il dispiegamento di forze ONU ma
soprattutto un referendum di autodeterminazione (indipendenza o integrazione al Marocco).
Nel 2003 un secondo piano, che prevede cinque anni di autonomia seguiti da un referendum di autodeterminazione, viene accettato dal Polisario e respinto dal Marocco.
L’ultima riunione del CDS dell’ONU ha prodotto solo un ulteriore rinvio per cercare di uscire da quello che Kofi Annan ha definito un “vicolo cieco”.
La vita nei territori occupati dal Marocco
Con l’invasione del 1976 e l’ingresso delle truppe nel territorio il monarca marocchino diede avvio al processo di denaturazione dell’identità saharawi, segnato da innumerevoli violenze e sistematiche violazioni dei diritti umani e da una campagna di denigrazione del Fronte Polisario. Mentre si cercava di eliminare ogni segno identitario saharawi, si perseguiva una politica di popolamento della colonia, in modo da dare una diversa configurazione alla popolazione del Sahara Occidentale: quella di una popolazione fedele al proprio re. I coloni marocchini vennero reclutati grazie a un incentivo economico e alla prospettiva del recupero delle terre. Nei territori occupati la polizia militare ha dato vita ad un vero e proprio regime di terrore. Una delle più grandi violazioni che avvengono nel Sahara Occidentale è, infatti, la scomparsa,  il  rapimento  di  saharawi  in  generale.  Tristemente  famosi  sono,  infatti,  i desaparecidos. Oggi si contano ancora 800 civili saharawi scomparsi.
L’ultimo rapporto della delegazione dell’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i Diritti Umani, che si è recata in maggio 2006 nei territori occupati del Sahara occidentale e
nei campi   profughi di Tindouf, menziona le “testimonianze di attivisti saharawi incontrati dalla delegazione ” a El Aaiun che hanno denunciato “torture” e  “maltrattamenti” inflitti dalla polizia  e  dalle  forze  ausiliari  marocchine  ai  manifestati  saharawi  che  rivendicano l’indipendenza del Sahara Occidentale.
I campi di Tindouf
Sono circa 200.000 i Saharawi che sotto i bombardamenti marocchini scelsero la via della fuga verso il territorio algerino, nella zona più ad ovest, nei pressi di Tindouf, su un altopiano desertico ricoperto di sassi e sabbia, a circa 500 metri d’altitudine.
I campi sono strutturati in 4 province (Wilayas), 25 comuni (Dairas) e 3 scuole residenziali.
La tendopoli più distante è situata a circa 160 km dal centro dei campi e le altre sono raggiungibili in un raggio di 30-60 km. Le wilaya e le daira hanno nomi di città e località del
Sahara Occidentale, occupate dalle truppe marocchine, per porre l’accento sullo stretto legame con la propria terra d’origine.
Tifariti e il territorio liberato
Tifariti dista 320 km da Rabuni, tutti in pista; si percorrono in 7 ore con una jeep ed un autista esperto. E’ un paesaggio estremamente arido, con solo dei radi cespugli un po’ addensati negli avvallamenti; è un territorio scarsamente popolato da saharawi nomadi, con piccole mandrie di dromedari e capre.
Tifariti oggi è spopolata, ma ha avuto una storia travagliata: occupata dal 77 al 79 dal Marocco,  viene successivamente liberata; il 1991 è l’anno dell’armistizio, gli incontri durano
parecchio tempo, ma tre giorni prima della firma della tregua Tifariti viene invasa e distrutta; l’esercito marocchino bombarda l’ospedale appena costruito e la scuola, dove la popolazione nomade e seminomade mandava a studiare i figli; i morti sono centinaia; tutte le case e gli accampamenti sono distrutti. Questo attacco costa però caro al Marocco, che perde 2 aerei.
Il muro dista da Tifariti circa 100 km; è presente una postazione di osservatori internazionali inviati dall’ONU (MINURSO), che controlla il territorio al di qua e al di la del muro, con aerei ed elicotteri. Parte del territorio è ancora minato, e l’esercito è impegnato nello sminamento.
A 30 km sono presenti dei graffiti rupestri conosciuti da pochi anni, che hanno obbligato gli archeologi a riscrivere la storia del Sahara. Parte dei graffiti sono stati trafugati, e sono
scomparsi.
Futuro
C’è un disincanto fra i Saharawi : tanti ritardi e lentezze dell’ONU hanno portato molte persone a perdere fiducia nelle Nazioni Unite.  La situazione attuale è una situazione di stallo ed il referendum sembra essere lontano.
Questa realtà è senza dubbio dovuta ad una ferma quanto forte mancanza di volontà da parte del Marocco, confortato da alcuni Paesi che non vogliono la pace e ostacolano il
rispetto del diritto internazionale. Tra questi c’è la Francia che continua a fare pressione politica  su  organismi  internazionali  come  UNHCR  o  il  PAM  (Programma  Alimentare
Mondiale) per diminuire le razioni di cibo da distribuire tra i Saharawi nei campi profughi.
La fuoriuscita mediatica delle sistematiche violenze nei territori occupati, la resistenza pacifica che le sue vittime continuano a sostenere e la capillare attività di sensibilizzazione
alla causa saharawi, portata avanti dal Polisario, sembrano costituire, oggi, l’unica effettiva possibilità del riavvio del percorso di pace, che le Nazioni Unite, in questi 30 anni, non sono state in grado di gestire, schiacciate dalla posizione filo-marocchina della Francia e da interessi bellici ed economici internazionali.
La vostra presenza pùo aiutare questo popolo che si sta organizzando e che può davvero essere supportato per uscire dai campi profughi, per liberarsi.
Fonte: http://www.saharawi.org/ 

Muro marocchino

Sahara Occidentale, zona tra i territori controllati dal Polisario e Marocco, vicino a Tifariti
Il muro marocchino a sud di Mahbes
Il muro marocchino o muro del Sahara Occidentale (anche noto con il termine Berm) è una berma di lunghezza superiore ai 2.720 km, costruita dal Marocco nel Sahara Occidentale, motivato dal diritto di difendersi dal Fronte Polisario. Tale struttura difensiva è a tutti gli effetti una zona militare dove sono stati costruiti appositi bunkerfossati, reticolati di filo spinato e campi minati.
Il campo minato che corre lungo la sua totale estensione è, per lunghezza, il più grande al mondo, e si stima sia formato da circa 6.000 mine anti-uomo e altre ancora. Si tratta del muro più grande del mondo dopo la muraglia cinese.
Secondo le mappe fornite dalla Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale (MINURSO) e dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), una parte del muro marocchino si estende per diversi chilometri anche nel territorio riconosciuto a livello internazionale appartenente alla Mauritania.

Caratteristiche

La costruzione del muro marocchino si svolse in diverse fasi, ognuna delle quali ha lo scopo di ampliare il territorio controllato per la difesa del Marocco dalle sue forze militari. In molti punti, la struttura difensiva unisce muri edificati in periodi diversi.

La successione dei sei muri

Muro marocchino nel Sahara Occidentale. Legenda: Il Marocco (verde chiaro) ha annesso e recintato col primo muro la zona arancione, con il secondo la zona beige, con il terzo la zona grigia, con il quarto la zona verde, con il quinto la zona violetta, con il sesto la zona azzurrina. In giallo il territorio controllato dalla Repubblica Democratica Araba dei Sahraui (RASD)
Il muro marocchino è stato edificato in sei periodi differenti:
  • il primo, che non ha nessuna contiguità con quello definitivo, fu edificato nel giugno del 1982 e circoscrisse l'area a nord ovest denominata "triangolo utile". È la più importante dal punto di vista demografico ed economico, e contiene le città di Laayoune, di Smara, di Bojador e di Bou Craa, ovvero una porzione importante della regione di Saguia el Hamra.
  • Il secondo muro, edificato a partire dal gennaio 1984, ampliò di una piccola porzione a sud il territorio controllato dal Marocco. Questo segmento ha due caratteristiche, taglia praticamente in due il territorio controllato dal Fronte Polisario e per un breve tratto segue il muro cosiddetto definitivo.
  • Il terzo muro, risalente al maggio 1984, inglobò ad est una piccola parte del territorio confinante col Marocco con il centro abitato di Hauza. Strategicamente fu occupata la maggior parte della strada, attualmente non utilizzata, che conduce da El Ayun a Tindouf e pertanto verso le vecchie piste carovaniere del deserto del Sahara.
  • La quarta espansione, risalente al gennaio 1985, si ampliò verso est, inglobando un territorio dove vi sono i centri abitati di Al Farcia e Mahbes. Il muro rasenta il confine algerino e fu prolungato in territorio marocchino per impedire il suo aggiramento.
  • La quinta fase, risalente al settembre 1985, inglobò una parte del Rio de Oro con i centri abitati di Guelta ZemmurChalwaUmm DreigaImlili e Dakhla, già Villa Cisneros.
  • La sesta e ultima fase, risalente all'aprile 1987, portò le truppe marocchine vicino ai confini mauritani. Una stretta striscia di sabbia collega i territori non occupati sotto il controllo della Repubblica Democratica Araba dei Sahraui(RASD) alla penisola con il centro abitato di La Guera che fu colonia spagnola prima di essere inglobata nel Rio de Oro.
Dopo l'aprile 1987, la costruzione dei muri finì dato che il Marocco non riuscì a inglobare altro territorio. La guerra sanguinosa continuò però fino al 1991.

L'attuale struttura

Queste strutture fortificate si trovano principalmente in un territorio disabitato o scarsamente abitato. Essi sono costituiti prevalentemente da sabbia e pareti in pietra o terrapieni alti circa tre metri. I campi minati che corrono lungo l'intera struttura rappresentano il più lungo campo minato continuo nel mondo.
Lungo il muro, ogni quattro o cinque chilometri è stanziata una compagnia militare, formata in gran parte da truppe di fanteria e in misura inferiore da altri corpi militari, come ad esempio i paracadutisti. In totale circa 100.000 soldati marocchini sono stanziati a presidio della struttura difensiva. Ogni 15 km è invece installato un radar AN/PPS-15 per fornire dati alle più vicine batterie di artiglieria. Oltre la linea militare vi è il muro vero e proprio, composto di ostacoli come muri di sabbia e di pietre di dimensione di solito inferiori al metro cubo. Il muro fisico è attorniato da campi minati. Si stima che intorno al muro siano presenti da uno a due milioni di mine.

Gli obiettivi del muro

Secondo il governo marocchino il muro ha una ragione strategico-difensiva, mentre secondo la popolazione Sahrawi serve per mantenere il controllo su un territorio particolarmente redditizio e strategico. La parte interna al muro racchiude infatti le miniere di fosfati del Sahara Occidentale e la costa sull'oceano Atlantico, considerata una delle più pescose al mondo. Un'importante ricchezza è anche quella dei giacimenti petroliferi costieri, sebbene le Nazioni Unite permettono solo la ricerca e non lo sfruttamento fino al celebrarsi del referendum di autodeterminazione. La piccola zona controllata dalla Repubblica Democratica Araba dei Sahraui non ha invece alcuna importanza economica.
I principali obiettivi hanno perso la loro ragion d'essere nel 1991, quando la RASD scelse la strada della legalità internazionale e dell'azione non violenta. Attualmente lo scontro è prevalentemente su un piano politico, nel quale i Saharawi cercano di arrivare al referendum mentre il Marocco ne ostacola la realizzazione al fine di consolidare lo status quo e annettere il territorio attualmente sotto il suo controllo.

Contesto internazionale

Alcune donne Sahrawi che protestano contro il muro
In Europa la maggior opposizione al muro e, contestualmente ad esso, alla sovranità marocchina sul territorio Saharawi, è portata avanti da associazioni impegnate nell'affermazione dei diritti umani e da associazioni culturali. Un appoggio politico moderato si ha principalmente dalla Spagna, dall'Italia e, a livello collettivo, dall'Unione europea. Si sono svolte anche manifestazioni a sostegno della causa Sahrawi nelle vicinanze del muro e a Tifariti. Questo muro viene generalmente definito come un "muro della vergogna".
In Africa, l'Algeria è un alleato tradizionale dei Saharawi e un sostenitore della loro indipendenza, e pertanto molto critico rispetto al muro e alla occupazione da parte del Marocco. L'alleanza fra l'Algeria e i Saharawi poggia su più motivi:
  1. l'esistenza di un confine aperto per i nomadi Saharawi e algerini,
  2. il continuo scontro fra Marocco e Algeria.
Al momento dell'indipendenza dell'Algeria nel 1962, il Marocco perseguiva l'obiettivo del Grande Marocco; desiderava quindi di ampliare il suo territorio nella zona sud ovest dell'Algeria, in particolare la zona dell'Hammada dove sorge Tindouf. Vi fu una breve guerra nel settembre ottobre del 1963 e solo recentemente il Marocco ha rinunciato ufficialmente ed esplicitamente alle sue rivendicazioni territoriali.
L'Organizzazione dell'Unità Africana (OUA) e l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) mediante la Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale(MINURSO) lavorano per una soluzione pacifica del conflitto.
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Sahrawi



l popolo Sahrawi o saharawi, cioè "sahariano" (italianizzazione del termine in araboالصحراويون‎, al-ṣaḥrāwī; in berbero Iseḥrawiyen, ⵉⵙⴻⵃⵔⴰⵡⵉⵢⴻⵏ) è costituito dai gruppi tribali arabo-berberi tradizionalmente residenti nelle zone del Sahara Occidentale gravitanti sul Sāqiyat al-ḥamrāʾ (Saguia el Hamra in spagnolo) e sul Wādī al-dhahab (Río de Oro) che, già nel corso della dominazione della Spagna, avevano cominciato negli anni trenta a reclamare la loro indipendenza.
Sull'area, ricca di fosfati, avanzava però pretese anche il Marocco ed è per questo che le popolazioni della regione hanno conosciuto grandi difficoltà per realizzare le loro ambizioni e vedersi riconosciuti su un piano internazionale e persino inter-arabo.
Le tribù sembra discendano da due gruppi insediatisi nell'area fin dall'epoca delle prime conquiste islamiche, alla fine del VII secolo d.C.Esse rivendicano un'ascendenza araba, per dimostrare la quale fanno riferimento al loro dialetto, definito Hassāniyya, un idioma parlato anche nella confinante Mauritania e nell'Algeria, caratterizzato da un impianto strutturalmente arabo pur con vari berberismi e tracce di idiomi nero-africani, come il wolof.
In Marocco (forse con intenti politici) si tende a considerare il dialetto sahrawi di ceppo berbero, visto che gli abitanti indigeni della regione sono in particolare appartenenti al gruppo berbero dei Sanhāja, ma sulla questione dissentono i glottolinguisti che classificano l'idioma come appartenente al gruppo semitico della famiglia linguistica camito-semitica.

Le prime rivendicazioni politiche

Il 14 dicembre 1960 l'ONU votò la risoluzione n. 1514 con la quale si riconosceva il diritto all'indipendenza per le popolazioni dei paesi colonizzati. Nel 1963 il Sahara Occidentale fu incluso dalle stesse Nazioni Unite nell'elenco dei paesi da decolonizzare e nel dicembre di due anni dopo l'Assemblea Generale riaffermò il diritto all'indipendenza del popolo sahrawi, invitando la Spagna a metter fine alla sua occupazione coloniale dell'area.
Nel 1966 l'ONU ratificò l'atto di autodeterminazione del popolo sahrawi. Il 10 maggio 1973 il Polisario (Frente Popular de Liberación de Saguia el Hamra y Río de Oro) organizza il suo primo congresso di fondazione e la Spagna, l'anno seguente, compie un censimento della popolazione del Sahara Occidentale, atto necessario per organizzare il referendumrichiesto dall'ONU fin dagli anni '60. Il risultato indica la presenza nella regione di 74.902 persone e il 20 agosto 1974 la Spagna annunciò il suo parere favorevole per l'effettuazione del referendum di autodeterminazione del popolo sahrawi.
Pur tuttavia, ai primi del 1975, il re del Marocco Hassan II espresse la sua totale opposizione all'indipendenza del paese, malgrado il 12 maggio 1975 una missione dell'ONU recatasi in visita nei territori del Sahara Occidentale, riconfermasse il diritto all'autodeterminazione del popolo sahrawi, riconoscendo di fatto il Polisario che, già da qualche mese, aveva cominciato ad effettuare operazioni di guerriglia contro la Spagna.

Invasione del Marocco

Territori controllati dal Marocco (in blu) e dalla Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi (in verde).
Il 31 ottobre 1975 il Marocco entrò con un esercito di 25.000 uomini nella zona contigua ai suoi confini con il Sahara Occidentale mentre la Spagna cominciò lo sgombero delle aree sotto il proprio controllo. Il 6 novembre 1975 re Hassan II fece organizzare la "marcia verde" con cui 350 mila marocchini entrarono nel Sahara Occidentale per vanificare l'eventuale referendum e per porre le basi di una definitiva appropriazione dei territori sahariani occidentali, malgrado il 2 novembre dello stesso anno la Spagna confermasse il proprio impegno a rispettare l'autodeterminazione del popolo sahrawi.
Di fatto, però, la Spagna giunse segretamente a un accordo con Marocco e Mauritania per la spartizione del paese conteso in cui le forze sahrawi iniziavano un'azione di resistenza armata, non del tutto documentabile, contro il Marocco e la Mauritania, che portò anche all'uso di bombe al napalm da parte marocchina contro insediamenti sahrawi. La resistenza dette allora vita nel 1976 alla Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi, RASD, (arabo الجمهورية العربية الصحراوية الديمقراطيةal-Jumhūriyya al-ʿArabiyya al-arāwī al-Dīmuqrāiyya).
Nel 1979 la Mauritania firmò un accordo separato di pace, riconoscendo la RASD, lasciando gli oneri del conflitto in corso al solo Marocco che invase il restante territorio del Sahara Occidentale, costringendo all'esodo numerosi combattenti e famiglie sahrawi che trovarono rifugio in Algeria, tra l'altro nell'oasi di Tindūf.
Nel 1991, con il conseguimento di un cessate il fuoco, l'ONU inviò in missione nel Sahara occidentale una delegazione (MINURSO) col compito di vigilare sulla tregua e organizzare il previsto (e mai tenuto) referendum.
Nel 2003 James Baker, inviato speciale delle Nazioni Unite, propose un piano in 2 fasi, che, dopo una transizione di 5 anni in cui il Marocco e il Sahara Occidentale avrebbero governato insieme nei territori occupati, sarebbe dovuto culminare con il referendum, ma il piano non trovò il favore del Marocco. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha prorogato fino al 2004 il mandato alla MINURSO in attesa di un ripensamento da parte del Marocco. Nell'ultima seduta delle Nazioni Unite che si è tenuta il 25 aprile 2013 è stata votata una risoluzione che proroga la missione MINURSO fino al 30 aprile 2014, ma la soluzione continua ad essere una mera speranza.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

09/01/18

Canapa, ingrediente a sorpresa


È una piccola miniera di vitamine, sali minerali, proteine di alta qualità, fibre e acidi grassi essenziali. Da fibra tessile a elemento botanico guardato con sospetto, la canapa viene oggi rivalutata come versatile ingrediente culinario. Entra in cucina sotto forma di farina, foglie, semi o olio in piatti elaborati dall’Università dei Sapori di Perugia a partire da antiche ricette italiane di qualche secolo fa. Così la Cannabis Sativa porta ai fornelli un innegabile tocco di originalità


Nel 1900 l'Italia ne era il maggiore produttore mondiale, subito dietro alla Russia: in nessun altro paese come il nostro la canapa era prodotta e tessuta con maestria, protagonista in particolare di vele e cordame per barche e navi. 
Ma era anche piuttosto diffuso l'uso della cannabis sativa per farne olio (un olio molto delicato, simile a quello di nocciola, dalle note aromatiche dolci e lievemente tostate).

Per millenni e fin dalla preistoria i nostri antenati ne hanno sfruttato le proprietà curative, masticando le sue foglie e mangiando i semi. Pare sia arrivata in Europa nella notte dei tempi proprio dall'area della Russia Meridionale nelle mani del popolo Sciita e i primi ad adottarla furono i Greci nel VI secolo. Nell’antica Grecia e nell’antica Roma per esempio si utilizzavano semi e olio di canapa nei medicamenti già nel I d.C.

Nel medioevo è stata sfruttata soprattutto la fibra tessile della pianta, ma non erano disdegnati i semi, come alimenti di per sé o per spremerne olio. Poi in età recente l'ostracismo alla canapa. 
Fino alla rivalutazione. 
Già nel 1993 il nutrizionista Udo Erasmus nel libro Fats that Heal, Fats that Kill sottolineava che "le proteine contenute nei semi di canapa forniscono al corpo tutti gli amminoacidi essenziali necessari per una buona salute e la loro composizione corrisponde esattamente a quello di cui il corpo umano ha bisogno per produrre il plasma sanguigno, l'albumina e la globulina, elementi essenziali che rivestono un ruolo importante nel sistema immunitario." 

Recenti sperimentazioni hanno confermato infatti la presenza nei semi di proteine, olio e fibre, con una varietà di vitamine (A, B1, B2, B3, B6, C, D, E) tali da renderli un alimento completo e ricco di valori nutrizionali. 

Se a questo aggiungiamo i suoi possibili usi "ecologici" (la parte fibrosa può essere impiegata nell’i ndustria tessile e i residui di questa produzione per l’industria della carta; la cellulosa di cui la pianta è ricca può servire per la produzione di materiali plastici pienamente degradabili e di combustibili da sostituire ai prodotti petroliferi) è facile capire come alcuni fan della canapa l'abbiano definita pianta del futuro ecocompatibile e perchè a Sant'Anatolia di Narco le abbiano dedicato un Museo .

Superati alcuni tabù, la canapa arriva oggi anche alla conquista dei palati e fa il suo ingresso in cucina con alcune ricette studiate dai cuochi dell’Università dei Sapori di Perugia, Centro Nazionale di Formazione e Cultura Alimentare, forte anche della normativa del Ministero della Salute Italiano che ne ha riconosciuto le proprietà nutrizionali. 

I piatti dell'Università dei Sapori sono state elaborate ispirandosi ad antiche ricette in cui c'era la canapa. In un excursus nei ricettari d'un tempo ecco allora i "Tortelli con fiori di canapaccia” di autore trecentesco; la rinascimentale “Minestra di canapuccia”, descritta da Jean de Bockenheim nel suo Registre de cuisine (dove scrive, peraltro che "sarà buona per gli infermi"); il "Piatto di canapa" e la "Focaccia di canapa" di Bartolomeo Sacchi detto il Plàtina autore del De onesta voluptade et valetudine; la “ Suppa fatta di semente di canepa” descritta dal Maestro Martino detto il principe dei cuochi.

Se volete cimentarvi nell'originale menu, potete comprare semi, olio e farina di canapa in negozi bio e alcune erboristerie. In alcuni supermercati stanno anche arrivando confezioni di pasta secca con canapa.

Eleonora Cozzella

Fonte: Eco(R)esistenza

04/01/18

Farsi obbedire da un cane è molto facile, basta dargli un ordine. Vittorio Zanini


Farsi obbedire da un cane è molto facile, basta dargli un ordine. Ma per far fare qualcosa ad un gatto devi fargli credere che sia lui a volerlo.

Vittorio Zanini