24/04/19

Tutta la musica può diventare un mantra, Vittorio Zanini


Capita anche a voi di ascoltare di seguito decine di volte lo sesso brano musicale? A me capita spesso. Alcuni pezzi diventano come dei mantra, almeno io li utilizzo in questo modo. Tutta la musica può diventare uno strumento per la meditazione, ognuno ha il suo ritmo.

Vittorio Zanini

23/04/19

Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe - La volpe


In quel momento apparve la volpe.
– Buongiorno – disse la volpe.
– Buon giorno – rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
– Sono qui, – disse la voce – sotto il melo…
– Chi sei? – domandò il piccolo principe – Sei molto carino…
– Sono una volpe – disse la volpe.
– Vieni a giocare con me, – le propose il piccolo principe – sono così triste…
– Non posso giocare con te, – disse la volpe – non sono addomesticata.
– Ah! scusa – fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
– Che cosa vuol dire “addomesticare“?
– Non sei di queste parti, tu, – disse la volpe – che cosa cerchi?
– Cerco gli uomini – disse il piccolo principe. – Che cosa vuol dire “addomesticare“?
– Gli uomini – disse la volpe – hanno i fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?
– No – disse il piccolo principe. – Cerco degli amici. Che cosa vuol dire “addomesticare“?
– È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire “creare dei legami“…
– Creare dei legami?
– Certo – disse la volpe. – Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma
se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.
– Comincio a capire – disse il piccolo principe – C’è un fiore… credo che mi abbia addomesticato…
– È possibile – disse la volpe. – Capita di tutto sulla Terra…
– Oh! non è sulla Terra – disse il piccolo principe.
La volpe sembrò perplessa: – Su un altro pianeta?
– Si.
– Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?
– No.
– Questo mi interessa! E delle galline?
– No.
– Non c’è niente di perfetto – sospirò la volpe.
Ma la volpe ritornò alla sua idea:
– La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio, perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita
sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sottoterra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo,
dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il
grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…
La volpe tacque e guardo a lungo il piccolo principe:
– Per favore… addomesticami – disse.
– Volentieri, – rispose il piccolo principe – ma non ho molto tempo. Devo scoprire degli amici, e devo conoscere molte cose.
– Non si conoscono che le cose che si addomesticano – disse la volpe. – Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!
– Che bisogna fare? – domandò il piccolo principe.
– Bisogna essere molto pazienti – rispose la volpe. – In principio tu ti siederai un pò lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un pò più vicino…
Il piccolo principe ritornò l’indomani.
– Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora – disse la volpe. – Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno
le quattro, incomincerò ad agitarmi e a inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono riti.
– Che cos’è un rito? – disse il piccolo principe.
– Anche questa è una cosa da tempo dimenticata – disse la volpe. – È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza.
Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l’ora della partenza fu vicina:
– Ah! – disse la volpe – … piangerò.
– La colpa è tua, – disse il piccolo principe – io non volevo farti del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…
– È vero – disse la volpe.
– Ma piangerai! – disse il piccolo principe.
– È certo – disse la volpe.
– Ma allora che ci guadagni?
– Ci guadagno – disse la volpe – il colore del grano.
Poi soggiunse:
– Và a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto.
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
– Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente – disse. – Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico e ora è per me unica al mondo.
E le rose erano a disagio.
– Voi siete belle, ma siete vuote – disse ancora. – Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi,perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto lacampana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.
E ritornò dalla volpe.
– Addio – disse.
– Addio – disse la volpe. – Ecco il mio segreto. È molto semplice: Non si vede bene che con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.
– L’essenziale è invisibile agli occhi – ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
– È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.
– È il tempo che ho perduto per la mia rosa… – sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
E, riverso sull’erba, pianse.
– Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…
– Io sono responsabile della mia rosa… – ripetè il piccolo principe per ricordarselo.
Il Piccolo Principe

21/04/19

Ayahuasca, una droga sciamanica dalle mille virtù


Ayahuasca è il termine più comune per riferirsi a un mix vegetale in forma liquida, che viene assunto come bevanda, tradizionalmente preparata dagli sciamani o curanderi indigeni per i riti di visione e di comunicazione con il divino. Questa bevanda viene prodotta miscelando in un decotto diverse piante, principalmente le liane polverizzate di Banisteriopsis caapi e le foglie di Psychotria viridis. Le due piante hanno differenti principi attivi: la psychotria viridis contiene un alto contenuto di alcaloidi psicoattivi, in particolare di dimetiltriptamina (DMT), mentre la Banisteriopsis caapi contiene alcaloidi armalinici simili a quelli della ruta siriana.
UNA DROGA CURATIVA CON SECOLI DI STORIA. Ayahuasca significa “liana che porta nel luogo dei morti”, visto che i popoli quechua credevano – e credono – che quando si è sotto l’effetto dell’ayahuasca si possano avere visioni e percezioni del mondo abitato dagli spiriti degli antenati. Uscendo dal linguaggio mistico-tradizionale, quel che si può affermare sull’ayahuasca è che si tratta di un decotto che garantisce sensazioni simili all’LSD, ma che vengono definite maggiormente intense ed esperienziali. Al punto che in ambito sciamanico è da sempre considerata come una sostanza dallo scopo curativo ed olistico, destinato a potenziare l’educazione emozionale, la capacità di prendere decisioni e per curare malesseri di gruppo o individuali. Dal punto di vista chimico l’ayahuasca non è infatti un narcotico, visto che il suo componente principale è la DMT, medesima sostanza prodotta nel cervello umano dalla ghiandola pineale ogni notte, durante la fase REM del sonno.
DALL’AMAZZONIA FINO ALLE CAPITALI EUROPEE. L’antropologia ha documentato il consumo di ayahuasca come medicina olistica tradizionale in 76 gruppi etnici attuali distribuiti in Perù, Ecuador, Brasile, Colombia, Bolivia, Argentina, Venezuela e Uruguay. In tempi recenti l’ayahuasca è diventata parte costitutiva dei rituali di diverse dottrine religiose sincretiste, diffuse principalmente in Brasile, quali il Santo Daime, l’União do Vegetal ed il Barquinia. Negli ultimi decenni il suo utilizzo si è poi progressivamente affermato anche nelle aree urbane ed ha oltrepassato i confini del continente latino americano. Mantenendo però la caratteristica di essere utilizzata come sostanza rituale, solitamente in modo collettivo e sotto la guida di un esperto conoscitore, se non un vero e proprio sciamano. Anche in Europa, dove a partire dagli anni ’90 il suo utilizzo è stato importato, fino alla fondazione della “Comunità internazionale ayahuasca” e della “Scuola europea ayahuasquera”, oggi attive in tutto il vecchio continente, Italia compresa, con conferenze e riunioni spirituali.
UNO STATUS GIURIDICO CONTROVERSO. In Brasile il decotto di ayahuasca è diventato esplicitamente legale per usi religiosi nel 1986. In Europa lo status legale dell’ayahuasca è invece molto più controverso. In Italia la DMT è inserita in tabella I dell’elenco delle sostanze stupefacenti tuttavia, nel 2012, il processo per possesso e cessione di ayahuasca nei confronti di un membro del Santo Daime, si è concluso con un’assoluzione dell’imputato. Mentre altre sentenze assolutorie nei confronti degli usi religiosi dell’ayahuasca si sono verificate in Olanda e in Spagna, dove il fondatore della Scuola europea ayahuasquera, Alberto Varela, è stato prima arrestarlo con l’accusa di traffico di droga e attentato alla salute pubblica, e poi assolto dopo 12 mesi di carcerazione preventiva. Attualmente l’unico Paese al mondo ad aver esplicitamente proibito l’ayahuasca e tutti i componenti conosciuti per la sua preparazione è la Francia.
ANCHE LA PSICOTERAPIA SCOPRE LE SUE PROPRIETÀ. Questo contorto quadro giuridico non ha fortunatamente impedito lo studio approfondito, anche dal punto di vista clinico, delle possibili proprietà mediche e psicoterapeutiche dell’ayahuasca. In uno studio condotto all’interno di un gruppo di praticanti della chiesa brasiliana União do Vegetal l’ayahuasca si è mostrata efficace nel trattamento dell’alcolismo e della dipendenza indotta dall’abuso di sostanze stupefacenti. Inoltre secondo alcuni studi l’ayahuasca potrebbe essere utile per il trattamento dei disturbi mentali nei quali si sospetta un deficit del metabolismo della serotonina, come depressione, autismo, schizofrenia, sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Mentre l’armina (contenuta nella Banisteriopsis caapi con la quale viene preparata) possiede proprietà anti-parassitarie che potrebbero farne ipotizzare l’uso nella profilassi della malaria e di varie altre parassitosi.
Autore: Andrea Legni
Fonte: dolcevitaonline.it

16/04/19

Solo i gatti tollero a dormire con me, VittorioZanini


Una cosa che mi ha sempre fatto dubitare sin da piccolo dell'autenticità del matrimonio è che si dovesse dormire nello stesso letto per tutta la vita. Io faccio fatica a dormirci anche per il resto della nottata con una donna dopo averci scopato. Neanche i gatti tollero sempre a dormire con me, e sono i soli ai quali permetto di farlo. Se dovessi mai sposarmi nella vita, in un attimo di follia, esigerei, non camere separate ma case separate.

Vittorio Zanini








13/04/19

Ricercando l'equilibrio mi sbilancio sempre molto, Vittorio Zanini


Col passare degli anni non ho imparato a non cadere: ricercando l'equilibrio mi sbilancio sempre molto. Però adesso quando cado mi faccio meno male.

Vittorio Zanini

04/04/19

Solo i selvatici sanno amare veramente, Vittorio Zanini


I soli animali e esseri umani capaci di amare veramente sono quelli selvatici. I non addomesticati riescono ad esprimere sentimenti ed emozioni istintivamente senza regole o limiti.
Vittorio Zanini

02/04/19

Ogni tanto mi capita di incontrare persone speciali, Vittorio Zanini


Ogni tanto mi capita di incontrare persone speciali che hanno ridotto al minimo le loro esigenze. Viaggiano leggere, senza passato ne futuro, solo il loro presente. Hanno poche cose, portano con se solo la loro anima incontaminata.

Vittorio Zanini

Berrino: «Ci vogliono tristi per far salire il Pil. Ma io vi spiego come essere felici»

L’epidemiologo, 75 anni: «Chi è sereno non consuma, non ha bisogno di cercare conforto nel cibo o in abiti di cui non ha bisogno. Il segreto per stare bene? Cibo non industriale, movimento e meditazione»

Non è mai troppo tardi per cambiare stile di vita e per adottarne uno che ci aiuti ad essere più in forma, più in salute e più leggeri. Perché la leggerezza, quella fisica del corpo ma anche quella della mente, è il segreto del vivere meglio. «Ha a che fare con la felicità — spiega il dottor Franco Berrino, medico epidemiologo, autore con Daniel Lumera del libro La via della leggerezza (Mondadori), in uscita in questi giorni –. Essere leggeri significa essere felici. E anche un po’ rivoluzionari».

Perché dice questo?
«Perché la nostra società, quella occidentale e ricca, ha bisogno delle insicurezze e del malcontento delle persone per sostenere il proprio sistema economico. Ci nutriamo di cibi di cui non abbiamo bisogno, acquistiamo beni di cui non abbiamo bisogno, prendiamo farmaci di cui spesso non abbiamo bisogno. E lo facciamo perché vi siamo indotti dalla pubblicità, dalla comunicazione, da una politica che ritiene che l’economia possa funzionare solo rilanciando i consumi».
Sta dicendo che ci vogliono tristi per far girare il Pil?«Certo. La società dei consumi muore senza consumi. E chi è felice non consuma. Chi è leggero non ha bisogno di cercare altrove gratificazioni che non trova nella sua vita».
Non siamo obbligati a seguire la pubblicità...«Ma lo facciamo, siamo bombardati di messaggi, siamo inseriti in un sistema obesogeno. E poi ci attirano con cibi che all’apparenza sono super economici. Chi ha una certa età ricorda bene che un tempo l’acquisto di cibo assorbiva la maggior parte delle entrate delle famiglie. Oggi invece la spesa alimentare è una frazione minoritaria. Ma è un imbroglio, perché non viene raccontato il prezzo imposto all’ambiente e alla salute. Un prezzo che poi paghiamo sempre noi, mai le aziende che su quei cibi fanno fortune».
Una delle sue tesi è che mangiamo non solo male, ma anche troppo.«Noi occidentali abbiamo risorse economiche ed enorme disponibilità di alimenti e ne abusiamo. Dipende in parte dai geni: i nostri antenati non avevano cibo tutti i giorni e quando ne avevano l’occasione si nutrivano in abbondanza per sopperire ai successivi giorni di magra. Quell’istinto è rimasto, ma le nostre vite sono cambiate: siamo i figli delle carestie ma senza più carestie e svolgiamo attività sempre meno faticose che richiedono meno dispendio di energia. Però continuiamo ad accumulare riserve».
Molti anziani, tuttavia, la fame l’hanno conosciuta davvero.«Oggi però non c’è ragione di eccedere nel cibo. Occorre raggiungere la consapevolezza di non avere bisogno di consumare, a dispetto dell’economia».
Gli anziani sono anche i principali utenti del servizio sanitario.«Le malattie danno un gran contributo alla crescita del Pil. Più ci ammaliamo più c’è lavoro per medici, ospedali, aziende farmaceutiche, produttori di strumenti sanitari e il resto dell’indotto. Lo stesso Mario Monti da premier diceva che era necessario promuovere la sanità perché è la principale industria nazionale. Effettivamente è così».
Detto da lei che per anni è stato direttore del Dipartimento di Medicina preventiva dell’Istituto nazionale dei tumori...«Anche io sono stato considerato sui generis. Per portare certi messaggi nell’ambiente medico ho dovuto spendere il credito che avevo maturato in campo internazionale, con il registro tumori e gli studi sulla sopravvivenza dei malati. Mi ero fatto un nome e questo mi ha permesso di potere esprimere idee non in linea con il sistema».
E chi per tutta la sua esistenza ha adottato uno stile di vita poco attento, magari proprio in risposta alle privazioni dell’infanzia, è condannato a una vita di obesità, diabete e malattie correlate? «No, si può sempre cambiare, anche da anziani. Adottando uno stile di vita più sano migliorano i parametri metabolici, si regola la pressione del sangue, si tengono sotto controllo i trigliceridi, si riducono i dolori, migliora il funzionamento delle articolazioni. E i benefici si vedono già in poche settimane».
Cosa bisogna mangiare?«Basta riscoprire la vera dieta mediterranea: cereali integrali, noci, nocciole, mandorle, tanta verdura, frutta, pesce, limitare la carne, soprattutto quella rossa o lavorata, e non aggiungere zuccheri».
Lei raccomanda sempre di fare anche del movimento.«È la terza colonna su cui si regge lo stare bene, oltre al cibo e alla mente. Non serve molto, basta tenersi in attività tutti i giorni. Camminare nel verde o in un bosco ha anche un effetto antidepressivo».
Tutte cose di cui però è complicato liberarsi...Perché è importante la leggerezza nella mente?«È quello che nel libro io e Daniel definiamo il problema difficile, perché come abbiamo visto portare leggerezza nel corpo è un problema tutto sommato semplice. Non si può essere felici se si è appesantiti nello spirito. La leggerezza ha a che fare con il sentirsi liberi dalle oppressioni della vita quotidiana, liberi dai rancori del passato, liberi dai ricordi che ancora ci fanno soffrire, liberi dalle preoccupazioni per il futuro».
«Bisognerebbe iniziare con l’eliminare il risentimento, un veleno per lo spirito. E riscoprire il potere del perdono, che non è un atto di cedimento ma di forza. Poi ogni giornata dovremmo iniziarla ringraziando».
Ringraziando chi?«La vita, il sole, noi stessi, il nostro corpo. Diamoci un’iniezione di fiducia appena apriamo gli occhi. E andiamo a prepararci il caffè con fare maestoso, non trascinandoci stancamente verso la cucina. La ritualità, anche nei piccoli gesti, dà grandi benefici alla nostra mente».
Le nonne, ma anche Nanni Moretti in Caro Diario, dicevano che bere un bicchiere d’acqua al mattino fa bene...«Lo dico anche io. L’acqua rimette in moto le nostre funzioni e purifica. E anche questo è un esempio di ritualità».
E poi c’è la meditazione.«Viviamo in un mondo obesogeno anche per la nostra mente, in una società che ci distrae continuamente, con la tv, i telefonini, agende piene di impegni. Il nostro cervello è sempre catturato da qualcosa, non è mai libero. Dobbiamo invece riportare l’attenzione su noi stessi perché questo migliora il metabolismo e di conseguenza il funzionamento del nostro corpo. La nostra mente da sola è in grado di fare molto. Le filosofie orientali si basano molto su questo concetto. Ottimi risultati, da questo punto di vista, si possono ottenere anche con le arti marziali o con il thai chi».
Lei ha 75 anni ed è in perfetta forma, scrive libri, tiene conferenze, viene invitato in tv. È reduce da un viaggio di studio in Australia tra gli aborigeni. È il testimonial di se stesso e delle sue teorie?«Diciamo che ci metto un po’ di impegno. A 40 anni anche io avevo un girovita un po’ pronunciato. La mia signora mi ha fatto capire che non le stava bene e allora ho deciso di cambiare. Anche lei mi ha aiutato ad intraprendere la via della leggerezza».

di Alessandro Sala

fonte: corriere.it

01/04/19

Tutti si specializzano in qualche cosa, Vittorio Zanini


Tutti si specializzano in qualche cosa, e poi fanno quella cosa per tutta la vita. Io non mi sono mai specializzato in niente: dopo un po mi annoia tutto.
Vittorio Zanini